La Caduta. Oltre il Confine (3)
Data: 05/03/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu
... così. Perché a dispetto di ogni esempio d’onore e pietà, è troppo facile scegliere il male. Perché, la tentazione era semplicemente troppa. Essere buoni non pagava. Mai. La verità, era tutta lì. E se l’avessi detto, avrei letteralmente ucciso Fatma. Perché lei ci credeva, nel bene. Il mio, il suo, quello nei cuori degli uomini. Lei ci voleva credere. E quindi, agiva cercando di fare il bene, e nella sua ingenuità vedeva la più semplice soluzione al dilemma che mi avvolgeva. E io avrei solo voluto poterle dire che aveva ragione, gettare la Lama della Fondatrice in un vulcano, o in una fucina rovente e andarcene. Ma… no. Lo spettro di Socrax era ancora lì, ancorato alla lama. Una presenza invisibile e intangibile ma pesantissima. Gravava su di essa, vincolandomi a quell’acciaio con la mia parola data. Ma per questo avevo mentito. Perché spiegarle che quella lotta ormai non era più ristretta all’Impero di Roma, ma avvolgeva ormai il mondo, era semplicemente troppo. Mi feci forza e mangiai la zuppa, cercando di non pensarci. Cercando di tenere stretta la speranza che quell’ordalia sarebbe finita, che ne sarei uscito, con Fatma.
La cena terminò mezz’ora dopo. Digerii con calma, aiutato dal calice di vino dolce. Essere lì, in quella stanza con un pagliericcio appena passabile come letto e quel vino dolceamaro che scorreva in gola mi pareva stupendo, principalmente perché con me c’era Fatma. Rimanemmo a lungo a parlare. Nella sua lingua, poi nella mia, poi ancora nella sua. ...
... Parole, frasi, sintassi, concetti. Pratica e pratica e poi ancora pratica. Conversazioni fatte per apprendere. Lei e io alla fine non eravamo diversi. Entrambi eravamo curiosi, bramosi di qualcosa in più. Fatma sorrideva deliziata ogni volta che riuscivo a correggere la pronuncia di qualche espressione in quel suo idioma. E io, a mia volta, apprezzavo il momento in cui lei formulò correttamente una serie di frasi senza fare errori. E, senza un motivo preciso, ci avvicinammo. Tanto da baciarci. Fu un bacio lento. Piacevolissimo, lieve, leggiadro come la rugiada sui fiori di primavera. Il primo bacio fu così. Lieve e fuggevole come la brezza primaverile. Il secondo fu già più lungo, indulgente e passionale. Il mio cuore batteva forte, come il suo. Desiderio, di entrambi, questo sentivo. La nostra brama dell’altro, vicendevole e mutuo desiderio che non abbisognava di verbi per essere espresso. Ci avvicinammo, avvinghiati in un abbraccio stretto, volto a escludere il mondo e la sua ferocia dal nostro universo. Le nostre bocche si cercarono di nuovo, mai sazie. La volevo, la volevo così tanto da non poter aspettare, ma sapevo che non potevo semplicemente prenderla. Dovevo… volevo essere certo che anche lei mi volesse. Mi strinse più forte, come a volermi stritolare. Il suo corpo era morbido, soffice. I muscoli erano poco allenati, ma in quella stretta c’era la forza di chi amava, di chi voleva che restassi. Di chi, in fin dei conti, aveva già scelto. Perché deluderla o tentennare? Ci ...