1. La Caduta. Oltre il Confine (3)


    Data: 05/03/2018, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... supplica agli dei, ma ancora, il cielo rimase vuoto e io abbandonato a forgiare il mio destino, senza altro aiuto che le mie forze. Mahmud guidava, apparentemente fuso al mezzo, taciturno, indecifrabile. A tratti, pareva perso, assorto tanto da non appartenere più al mondo mortale, in comunicazione con esseri privi di legami con la materia. Ma era solo un’impressione. In realtà, forse anche Mahmud aveva paura, ma la nascondeva, o la sopprimeva, assorbendosi completamente nel proprio compito, annullandosi in esso. Una forma di meditazione basilare… Quanto a me, cercai di pensare lucidamente a come muovermi, a dove andare. Nuakchott era un porto e conoscevo qualche parola dell’idioma locale ma nulla che permettesse di mercanteggiare un passaggio. Una fortuna che con me ci fosse Fatma. Fatma… Mi sentii in colpa: a causa mia aveva perso tutto. Avevo il dovere, l’obbligo di ridarle qualcosa di quella vita che le avevo indirettamente tolto. Dovevo darle sicurezza, un luogo dove poter stare, dove poter vivere in pace e guarire dal dolore. Bevvi un sorso dalla borraccia, dedicando un pensiero a Ferius. Era morto? Era riuscito a fuggire? Mi augurai che gli dei riservassero a lui e a Sagira un fato clemente, nella vita o nella morte. L’acqua era quasi tiepida. Sospirai. Mancava ancora un po’. Mi assopii.
    
    Fu diversi minuti dopo che mi svegliai. Mahmud stava parlando con un uomo. E con lui ce n’erano altri due. Fatma, al mio fianco, mi trattenne dall’alzarmi. -Sta cercando di ...
    ... convincerli che sei malato e che devi andare a Nuakchott per essere curato. Sono banditi shufta, uomini senza onore né pietà. I Romanei devono aver messo una taglia sulla tua testa.-, disse Fatma. Mi fece alcune carezze, dicendomi alcune parole nella sua lingua che io non capii. Cercai di esporre meno pelle possibile, sembrando inerme e prostrato per via di qualche morbo. Intanto riflettevo. Erano in tre. Armati e capaci. Se Mahmud non fosse riuscito a evitare che mi riconoscessero, avrei dovuto combatterli, ma anche se fossi stato in grado, ero pur sempre uno e loro pur sempre tre. Un sudore gelido mi scese lungo la schiena. Gli shufta blateravano tra loro in quell’idioma spigoloso che riconobbi come tipico di quelle terre. Non parevano particolarmente persuasi. Con mia sorpresa, alla voce di Mahmud si unì quella di Fatma. La giovane iniziò un’invettiva che pareva decisamente irritata, se non proprio irata, verso gli uomini. I banditi tentarono di rispondere ma lei non demorse e, dopo dieci minuti di lunga attesa, sentii Mahmud riavviare il mezzo e ripartire. Sentii Fatma sedere accanto a me. -Cosa gli hai detto?-, chiesi. Lei sorrise. -Ho detto loro che il nostro dio tiene alla compassione più di qualunque opera e che la Sua ira li colpirà se oseranno infliggere sofferenza a gente già malata. La gente del deserto, shufta inclusi, teme la collera di Dio, quindi non hanno osato fermarmi. Poi ho dato loro alcune monete, affinché la loro cupidigia non restasse insoddisfatta.-, spiegò. ...
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