La Caduta. Oltre il Confine (3)
Data: 05/03/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu
... il sole. “Dovrò svegliarla.”, pensai. Ma non volevo. Addormentata, la giovane pareva felice. Un sorriso quieto si delineava sul suo volto, una pace che non le avevo visto in viso da prima della nostra fuga da Fez. Eppure, il dovere chiamava. Fu durante la mattinata che mi accorsi che eravamo seguiti. Avevamo soldi, molti, ma non erano visibili e all’apparenza eravamo una coppia di umili viandanti. Ma qualcuno, lo potevo chiaramente sentire, ci seguiva.
Non ero un guerriero, né particolarmente ferrato nella sottile arte della consapevolezza ma, complice anche la tensione del mio esilio, ero giunto a un certo grado di auto-imposta prudenza. Mi guardavano intorno di sottecchi, cercando di memorizzare dettagli, come in quel caso. Nel marasma di visi e uomini, nella calca che pareva circondarci come un muro era difficile muoversi, figurarsi l’idea di individuare un pedinatore. Ma, realizzai, ciò valeva anche all’inverso: in una simile folla, difficilmente qualcuno avrebbe potuto seguire efficacemente un’altra persona, a meno di non essere veramente un esperto in tale arte. Con cautela, continuai a camminare con Fatma al mio fianco. Notai il primo di loro solo dopo pochi istanti. Procedeva ritto, apparentemente ignaro dell’attenzione che attirava a causa del mantello che, pur sporco, era di fattura migliore di molti altri. La foggia era chiaramente licanea. Uomini di Aristarda? O di Septimo? O di altri ancora? Non importava. Dovevamo seminarli. Scivolammo lungo vicoli e strade ...
... secondarie. -Cosa stiamo facendo?-, chiese Fatma. -Evitiamo di essere seguiti. Ce n’è almeno uno. È un Licaneo.-, dissi. Il suo stupore la fece quasi inciampare lungo una pietra dissestata. -Per il coltello?-, chiese lei. Io annuii. Quella lama, quella maledetta lama, ancora spingeva gli uomini al massacro! Avrebbe meritato di venir fusa. Ma… no. Per ragioni che non capivo, che neanche riuscivo a capire, non potevo farlo. Gettai una rapida occhiata dietro la spalla. Seminati? Pareva di sì. -Dobbiamo trovare una nave. Lasciare questo posto. E partire verso altri lidi.-, dissi. Il guaio era che non sapevo né se saremmo stati al sicuro né tantomeno per quanto. Fatma annuì. Pur tesa, non pareva così spaeventata da compiere atti folli. -Di qui!-, disse entrando in un vicolo. La seguii. Vicolo cieco! -Fatma, cosa?-, chiesi. -Mi dispiace, Alexander.-, rispose lei. I due uomini erano dietro di lei. Licanei, entrambi, a giudicare dai tessuti e dal viso. -Perché?-, chiesi soltanto. -Per te. Perché ti amo. Perché voglio che possiamo vivere lieti. Senza la minaccia di Roma, o di chiunque…-, gli occhi della giovane figlia del deserto erano pregni di lacrime. Io stesso ero prossimo alle lacrime, il cuore un baratro spalancato sul cielo spietato. -Ma non capisci? Mi stai chiedendo di consegnare Roma a dei tiranni!-, esclamai. -Non m’importa! Roma, l’Impero, e tutto il resto, non dipende da noi! Non dipende da te!-, rispose lei. -Li hai cercati tu. Li hai avvisati. Hai fatto sì…-, sussurrai, ...