La Caduta. Atto Quattordicesimo. Di Serena Prima, Nimandeo Feral e di ciò che fu.
Data: 23/06/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu
... nostri rispettivi passati tornassero a tormentarci, e confesso che sono stanco. Questo mondo è una palude insanguinata funestata da doveri che non sento, flagellata da giuramenti vacui, lambita dalla saggezza di ere passate. E quest’arma rappresenta il mio desiderio di liberare il presente da tutto questo, dalla falsità e dalla nozione di onore buona solo per la forma ma non per la sua sostanza. La Stirpe, come l’Impero, mi era apparsa marcia, ma persino i buoni, anche alcuni tra i Justicarii, non erano certo ligi a ciò che promettevano.-, la voce di Nimandeo assunse una sfumatura triste, non irata, solo delusa. -Ritrovarmi qui, ai confini dell’Impero, lontano dal marcio, fu come rinascere. Qui l’onore non c’è, se non quello che tu decidi di importi. Qui non esistono cose come il Mandato del Cielo o la volontà degli Dei, solo il fato degli uomini, se poi esiste. Qui è la volontà, più che la parola, a forgiare i destini.-. Serena annuì. Capiva? Sì. L’uomo lo vide. Capiva. -Lo so.-, sussurrò, -So che tu… hai provato ad aprirmi gli occhi quando parlammo.-. -E tu non ascoltasti. Ma ora… ora che entrambi abbiamo messo le carte in tavola… Ora dobbiamo decidere.-, disse Nimandeo. Impugnò il Tantō. -Nessuno di noi due è libero. I Justicarii sanno di te, come la Stirpe potrebbe sapere di me. Come sicuramente sa, a giudicare dal veleno.-, spiegò. -Quindi…-, iniziò Serena. Lui scosse il capo. -Nessun quindi. Nessuna fuga. Solo la consapevolezza che uno di noi due deve morire perché ...
... l’altro sopravviva.-, rispose Nimandeo, -E in un atto di galanteria impareggiabile…-, gettò il Tantō ai piedi di Serena, -Ti chiedo di lasciare che sia io a perire.-.
Serena lo guardò. Le braccia aperte, il petto muscoloso fasciato dall’abito orientale, in attesa del colpo fatale. Lei prese l’arma. Era leggera, tagliente come se non più delle lame dell’antica Licanes. L’arma dei suoi nemici. Offerta dal suo nemico, insieme alla sua vita. Una vita per una vita. Serena annuì. Era Nimandeo che lo stava chiedendo. Alzò l’arma, facendo due colpi a vuoto, saggiando il bilanciamento e il colpo ideale. Superba davvero. La Stirpe mai aveva sviluppato armi proprie a quel modo. Caricò il colpo. Nimandeo la guardò. Nessuna paura velava il suo sguardo, quasi che Yneas, il Dio dei Morti stesso la fissasse attraverso i suoi occhi, in attesa dell’atto finale. Vibrò il colpo, in un istante lunghissimo, il fendente talmente totale da apparirle come un movimento lunghissimo quasi eterno. “Schiva. Vattene… Disarmami…”, implorava dentro di sé, odiando le catene del dovere, provando repulsione per sé stessa, “Puoi farlo… Uccidimi!”. Infine. La lama si fermò.
La lama si fermò dopo aver tagliato l’aria con un sibilo. Proprio a poche frazioni di millimetri dal collo di Nimandeo. L’uomo rimase immobile. Vivo. -Morire per mano tua è la morte migliore che possa chiedere.-, sussurrò. Serena, l’arma puntata al lato sinistro del suo collo scosse il capo. Non poteva. -Non ci riesco, Nimandeo. Non posso! ...