1. La Caduta. Atto Quattordicesimo. Di Serena Prima, Nimandeo Feral e di ciò che fu.


    Data: 23/06/2018, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... il comando e rivendicando il Trono.-, disse. Appoggiò la boccetta di vetro contenente il veleno sul tavolo. Nimandeo annuì. Ora le pareva calmo, freddo. Tradito? Serena sospirò. Restava solo una parte della recita da concludere, l’ultima e la sola. -Non ti ho ucciso perché tu non lo meriti. Non sei un uomo malvagio, né un tiranno, per quanto alcuni possano definirti tale. Non ti ho ucciso perché….-, Perché? Per qualcosa che neanche lei capiva sino in fondo, -Non ti ho ucciso.-, sussurrò infine. -E ora sai che sarà mio dovere uccidere te.-, disse Nimandeo. Non c’era ira in quelle parole. Serena annuì, liberata da quella condanna. Sorrise appena. “È finita.”, pensò. “Ho vissuto una vita intera per le scelte di altri, Septimo, Calus, mio padre, la Stirpe, Eria… Almeno questa scelta, l’ultima, è la mia.”. -Dammi la possibilità di recitare le mie preghiere. E chiedo che i miei uomini cantino il Moripatres, affinché la mia anima possa, se gli Dei vorranno, ascendere al Cielo dei guerrieri.-, disse. Nimandeo annuì, si voltò. Arrivò a un armadio. Lo aprì. Scostò alcune vesti. Prese qualcosa. Un’arma, Serena ne era certa. Chinò il capo. Lo avrebbe fatto lì? L’avrebbe uccisa in quella tenda? Sola e dimenticata, da tutti tranne che dal suo carnefice. Andava bene. -Dei…-, sussurrò. Incominciò a recitare una preghiera, anche se sapeva che non ricordava correttamente il testo. Sperava che gli Dei mostrassero misericordia per le sue mancanze. Poi alzò lo sguardo. Ammutolì. Il fato era ...
    ... veramente un grandissimo burlone. O forse, semplicemente, lei era cieca. Totalmente. Assolutamente. Magari, molto più semplicemente, quello era ciò che i Monaci Zen-Shura chiamavano Karma. La conseguenza degli atti avvenuti che ci troviamo ad affrontare, alla fine. In qualunque caso, Serena Prima non riuscì davvero a spiegarsi come mai Nimandeo Feral avesse in mano un Tantō sguainato. E le implicazioni la travolgevano impedendole di ragionare. L’uomo parlò, con voce calma.
    
    -Non fosti solo tu a tradirmi, Serena. Anche io ti ho tradito. Fui in gioventù addestrato da una donna, Mirea Vanariae, una dei Justicarii. Le lotte intestine nell’Impero non mi interessavano ma presi il voto di combattere il male, ovunque l’avessi riconosciuto.-, disse, -Quando Roma m’inviò per queste province la incontrai. Duellammo e lei mi vinse. Mi lasciò vivere, ordinandomi di non turbare la quiete dei barbari. Appresi i loro usi e mi feci loro protettore, loro custode.-. -Mirea morì, uccisa da dei briganti, forse agenti della Stirpe che tu servi, ma io la onorai serbando quelle terre e questi popoli, finché non giungesti tu.-. -Sapevi che ero…-, la domanda che tale non era, morì sulle labbra di Serena, espressa a mezza voce. Un sussurro appena accennato, coperto dallo scoppiettio dei braceri. -Immaginavo.-, ammise Nimandeo, -Ma non sapevo. Eri… bella. E così non feci ciò che avrei dovuto fare, ossia ucciderti o cacciarti.-. Sorrise tristemente. -Sapevo che sarebbe stata solo questione di tempo perché i ...
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