1. Un’estate con Marina


    Data: 28/10/2021, Categorie: Lesbo Autore: Capitan_America, Fonte: RaccontiMilu

    ... nel mezzo in modo da poterci appoggiare i popcorn. Il film era muto: alcuni studenti della Gioventù Hitleriana facevano ginnastica in una palestra. Subito dopo una scena in cui io e Marina ci stavamo baciando in una camera da letto. Entravamo in un grosso armadio a specchio per scopare. Da una fila dietro la nostra ho sentito la voce dell’uomo con il giubbotto di pelle. “Hai mai fatto caso a come alcune canzoni dei Deep Purple fossero già simili allo speed metal degli anni ’80? Non ho mai avuto troppa simpatia per l’impegno sociale di Dave Mustaine, però bisogna dire che lo speed come lo suonavano loro nei primi album non è riuscito a farlo nessun altro. Le chitarre sembravano ancora quelle dei gruppi rock degli anni ’70. Usare l’imitazione per definire la personalità è un’azione tipica della coscienza. Un computer può soltanto produrre delle copie. Riesce persino a imparare archiviando i propri errori, ma non è in grado di elaborare un’immagine di qualcosa imitandola. Secondo Edgar Allan Poe i poeti inglesi non hanno saputo produrre liriche paragonabili a quelle dei Greci, anche se i loro versi erano comunque degni di nota. I suoni dei loro monosillabi erano troppo vicini a quelli della lingua inglese. In altre parole, cercando di imitare uno stile ne hanno prodotto uno nuovo”. Il calcio del ...
    ... fucile ha iniziato a far tremare l’armadio, ho visto aprirsi uno squarcio nel legno mentre mi tenevo abbracciata a Marina. Una mano in un guanto da motociclista si è infilata in mezzo, il braccio in un giubbotto di pelle è rimasto aggrappato all’anta con il gomito piegato. Ho visto un occhio avvicinarsi alla fessura per guardare dentro, subito dopo la mano mi ha afferrata e sono svenuta. Mi sono risvegliata nella casa vicino al mare. Sono scesa in cucina e mi sono avvicinata allo specchio ovale. Marina stava venendo verso di me. Ho teso una mano per toccarla e l’ho appoggiata contro la superficie liscia dello specchio. Mi sono portata la mano alla bocca tenendola ferma di fianco alle labbra, continuavo a fissarla. Ho passato un dito sulle sopracciglia, sul viso. Lei ha fatto lo stesso. Sul tavolo le foto erano ancora sparpagliate da quando ci eravamo sedute a guardarle. Le ho raccolte e sono uscita per dirigermi verso il tornado. Ho raggiunto l’ingresso all’interno di un oratorio fatiscente, nel bosco. La donna con lo strano accento mi aspettava, era in piedi su un lato della porta e teneva in mano una cesta. Quando mi sono avvicinata mi ha fatto vedere cosa conteneva. “Castagne d’India? Non sono commestibili lo sai?”. Ho sfiorato i ricci con la mano, cercando di non pungermi. “Lo so, sono amarissime”. 
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