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Lettera di una madre
Data: 13/12/2020, Categorie: Tradimenti Autore: geniodirazza, Fonte: Annunci69
... non valeva niente. Il terrore che, accecato dal’ira, arrivasse ad uccidermi mi attanagliò per molto tempo; ripensavo al passo del vangelo che invita a ‘temere l’ira dei buoni’ ed avevo chiara la coscienza che, in quella situazione, un buono poteva facilmente trasformarsi in un feroce macellaio; non avrebbe neanche avuto tutti i torti; non mi restava quindi che aspettare e sperare che diverse ed altre motivazioni lo avessero indotto ad affrontare la questione con spirito differente; avevo comunque paura. Dal racconto che mi facesti tu stessa, seppi poi che eravate andati, padre e figli, in farmacia dove lui si era informato a proposito di certe analisi; dagli sguardi sbiechi e feroci dei suoceri, sapevo per certo che la condanna era ben più aspra del solo sguardo di disprezzo che mi aveva lanciato Giovanni; solo allora mi rendevo conto che tu avevi quindici anni e che, quindi, da almeno sedici io mantenevo in vita una storia di corna che in quegli ambienti è una colpa imperdonabile. Passarono un paio di settimane nel corso delle quali evitò pesino di incrociare il mio sguardo; io mi muovevo come camminassi sulle uova, pronta a scappare se avesse anche solo accennato un minimo scatto di rabbia; il paradosso era che stavo recuperando l’amore bruciato sull’altare del sesso e avrei fatto qualunque cosa per ritrovare l’uomo di cui mi era innamorata e che ancora mi ricambiava, evidentemente, se non mi aveva né uccisa né cacciata come avrei meritato, secondo i parametri ...
... locali. Per l’appunto dopo un paio di settimane, capii finalmente quel che mio marito aveva fatto e il mondo mi crollò addosso definitivamente, quando trovai ben stesi sul mio cuscino tre test del DNA da cui risultava chiaro che Gianfilippo e Giannicola erano suoi figli e tu invece eri nata da un altro maschio; non avevo niente da obiettare e non avrei avuto scusanti; al pluriennale tradimento in se, avevo aggiunto una figlia illegittima vissuta come propria; c’era abbastanza da ammazzarmi come un agnello. Quel giorno, che sicuramente ricorderai perché fu attraversato dalla tensione più terribile che si possa immaginare, fu quello che segnò la tragedia vera e propria; ora so che Giovanni aveva deciso di fare il minore danno possibile; se mi avesse uccisa, come la sua indole suggeriva, vi avrebbe privato della madre morta ma anche del padre che si sarebbe beccato un ergastolo che vi lasciava completamente soli; scelse la strada più logica ma anche la peggiore, che mi fa ancora paura. Uscì di mattina presto, ancora una volta, e dichiarò che andava per tartufi, ma non portò con se nemmeno un cane; andò a piedi e lasciò a casa la macchina; a sera, aspettammo invano che tornasse, secondo le sue abitudini; il giorno seguente perlustrammo palmo a palmo i cespugli del bosco temendo una disgrazia; lo trovarono impiccato ad un albero; aveva scelto di scomparire e di lasciare campo libero alla mia impudicizia, ‘togliendo il disturbo e cancellando la vergogna’. Da quel giorno ...