1. 010 ancora su mia madre


    Data: 15/03/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    “L’afide ha necessità della sua formica
    
    che la sollevi dalla goccia addominale..”
    
    In istituto dove mi sono formato tra le montagne svizzere, c’era una cappella solitaria al primo piano dell’intero complesso che aveva ampie vetrate policrome sul parco.
    
    L’acqua scrosciava e in quella cappella non ci veniva mai nessuno.
    
    Nella solitudine di quel luogo io mi ci appartavo, e divenivo sostanza carnosa convoluta a conca in un dialogo superiore.
    
    Pregavo molto io. Pregavo perché da bestia concessa al sacrificio degli altari, potessi diventare creatura finalmente amata un giorno.
    
    Ero tornata in quel luogo ad essere l’ asina blasfema, condiscesa alle sediziose brame dei prelati, ma in cuor mio speravo nell’eterno amore.
    
    Ero già creatura dissoluta e quasi me ne compiacevo. D’altronde, nelle creature più elevate signoreggiano le matematiche perfette della natura. La natura è bella, ma se osservata da vicino lei svela una crudeltà feroce da cui noi, esseri umani, non ne siamo affatto esenti.
    
    Ed io così…Standomene seduto nelle mie ricercate solitudini in quella cappella, io mi sublimavo al lacrimare delle vetrate contro la pioggia. Io sapevo ardere di luce calda e flebile, e sapevo radiarmi nella calcina montuosa del meriggio oltre i vetri cattedrale. Io ardevo, come astro siderale ardevo, come tremule candele sugli altari consacrati.
    
    O se era bello lo sferzare del vento sulle ombre infelici dei salici e degli abeti là fuori. All’incenso si stringeva il sentore ...
    ... di borraccina venuto dai boschi fin sotto le mie narici, e stando seduto nelle palpitazioni dell’ano, io pregavo.
    
    Era bello.
    
    Era la cosa più bella in tutto l’istituto. Era tre volte confitto nella sua croce di farnia, e la sua pelle pareva così viva che essudava la paura della morte, tanto era perfetta quell’effige di uomo venuto a salvarci.
    
    E i lividi poi, quelle sue ferite ribollenti di un siero giallastro secrete dalla carne in risposta al tumulto del supplizio. Quel siero giallastro, lucido, gridava alla vita.. ma come aveva fatto il pittore a istoriare quella materia con così meticolosa verità carnale …
    
    Quelle ferite erano per me il covolo di carne ove nascondersi e meditare la sorte ignara. Sorte sanguigna, che presaga mi indiziava già di un mutamento incipiente.
    
    Poi mi alzavo, mi dicevo che andava tutto bene, e abbracciavo i piedi della croce, e baciavo i malleoli ancora forti e offesi dai canapi ritorti.
    
    Quella croce era l’abbraccio più magnifico, e più il mio sguardo scivolava su quella carne ancora viva, più io dilavavo le sue e le mie afflizioni.
    
    Lo amavo.. di un amore votato, e nell’ urgenza di essere amato mi disponevo già ad arrendere le mie carni al morso delle bestie.
    
    D’altronde che senso più poteva avere la mia vita. In quel collegio di rieducazione avevo trovato l’amore che mi aveva tolto dai gironi orgiastici di quell'inferno. Era stato l’uomo più dolce e virile l’oggetto mio amato, e se pur mio padre mi aveva iniziato al piacere del ...
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