Una moglie per bene nell’abisso della completa sottomissione (12)
Data: 15/01/2020,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Autore: sesamoandmia, Fonte: Annunci69
... quella che mi aiutò a resistere ancora.
Alla fine giungemmo in fondo alla scala e il pavimento che incontrammo lo sentii umido, appiccicoso e a volte viscido.
Dopo qualche metro ci fermammo e sentii una mano che mi teneva il capo, mentre percepii distintamente l’odore di un rossetto che immediatamente dopo toccò le mie labbra, mi stavano truccando, forse con un rossetto particolare, non riuscivo ad immaginarlo. Sentii che indugiavano ancora qualche secondo sulle labbra e poi si fermarono. Sentii i passi allontanarsi di poco, forse colui o colei che mi avevano truccata voleva vedere a distanza la loro opera.
Poi i passi si avvicinarono nuovamente e, con lo stesso rossetto, mi fu scritto o disegnato qualcosa sotto il seno.
Poi una voce di un uomo, una voce calda, calma ma autoritaria, dall’accento straniero.
“Sei la schiava di Gaston?”
“Sì, sono la schiava di Gaston”. Bisbigliai chinando il capo meravigliandomi della mia pronta risposta.
“Sei sposata?” Continuò la voce.
“Sì, sono sposata.” risposi sempre col capo chino.
Sentii i passi dell’uomo girarmi intorno, come se volesse osservarmi da tutti i punti di vista.
Poi riprese.
“Perché tuo marito ti ha lasciata nelle mani di Gaston?”
Mi morsi le labbra come infastidita per quella serie di domande.
Chi era mai quell’uomo? Perché tante domande? Se era un amico o un conoscente di Gaston avrebbe dovuto sapere già tutte le riposte.
La sua voce era calma, ma sapeva di autoritario.
“Non ...
... vuoi rispondere?”
“No, mi scusi, signore – farfugliai – rispondo subito”.
Ripresi fiato e dissi:
“Tutto è cominciato come un gioco”
Poi gli raccontai per sommi capi quello che era successo all’inizio, da quando uscii dall’albergo con quel miniabito, quando entrammo in quel ristorante e quel che accadde fuori. Infine l’insistenza e il modo persuasivo di Gaston che ci aveva attratti e convinti.
Cercai una giustificazione alquanto stupida ripetendo più volte “doveva essere solo un gioco”.
Mi chiese poi cosa facessi nella mia vita normale e io gli raccontai del mio ruolo di docente e un po’ della mia vita di persona per bene nella società nella quale vivevo e che frequentavo.
Ancora ora non riesco a capire perché gli dicessi tante cose, forse il timore di essere punita, forse quella voce così calma ma al tempo stesso così decisa, forse perché entravo sempre più nel mio ruolo di schiava. Molto più probabile che fosse quest’ultima la causa della mia disponibilità.
“Ora non sei più una signora – riprese ancora quella voce – non sei più una donna per bene o una signora sposata e nemmeno una temuta docente, ma una puttana sottomessa e il tuo compito sarà solo quello di offrire te stessa e il tuo corpo per dare piacere a chiunque il tuo padrone desideri, senza mai ribellarti e lasciandoti sottomettere a tutte le loro richieste. Ti è chiaro?”
Era una domanda perentoria, alla quale sarebbe stato impossibile dare una risposta negativa.
Con tono ancora più ...