Su come da una spiacevole torsione del pene possa nascere qualcosa
Data: 06/01/2020,
Categorie:
Etero
Autore: vellutoblu86, Fonte: Annunci69
... arancione-carota, e per quanto apprezzasse molto i diversi gradi di porpora con cui le sue bimbe si tingevano i capelli, c’era sempre qualcosa che non andava, qualcosa fuori posto. Impiegò diverso tempo a capire che erano le sopracciglia non tinte. Un’acconciatura rosso fiammante accompagnata da due cespugli nerissimi era esattamente come un microfono che entra in campo a metà di un film disintegrando la finzione scenica. Ecco che per Raimondo emerse un nuovo ideale, un nuovo obiettivo: trovare una rossa vera, e portarla a letto.
Per diversi anni, questa ossessione era solo carnale, quasi un capriccio di chi non riusciva davvero a trovare soddisfazione nelle avventure di una notte, che diventavano sempre più monotone, sempre più banali, un mero rito fine a se stesso. Questo obiettivo dava un ulteriore senso alle sue incursioni nei Jazz Club, un grado di agonismo in questa sua occupazione che gli appariva giorno dopo giorno sempre più vuota.
Un giorno, Raimondo stava navigando su internet in cerca di informazioni sull’Ulisse di Joyce da poter sfoderare con qualche ragazza un po’ radical chic che avrebbe fatto finta come lui di aver letto quel mattone. A un certo punto si imbatté in una frase, che gli rimase incisa nella memoria come nient’altro che avesse mai letto nella sua vita: “Longest way round is the shortest way home”. Grazie alle sue ricerche, Raimondo sapeva che l’Ulisse affrontava il tema della ricerca di un’appartenenza, di una casa, ma il cattolico Leopold ...
... Bloom non poteva che vagare a vuoto nell’ebrea Dublino che lo rigettava (o forse era il contrario?). In ogni caso, quella frase, quella singola frase, gli rivelò che cosa davvero cercava in una chioma cremisi: andare lontano, nell’ignoto, per trovare sé stessi, immergersi in una primordialità ormai perduta, ritrovare il proprio legame primigenio con la natura e l’universo, e per farlo doveva congiungersi con colei che portava quei geni rarissimi e ormai in via di estinzione, qualcosa di incontaminato che riecheggia attraverso i secoli.
Alcuni andavano in Africa, alla ricerca della culla dell’umanità; altri si davano allo zen e sprofondavano nel mare interiore, nel proprio io originale. Raimondo doveva fare sesso con una rossa di capelli.
Di questo si era assolutamente convinto, e per questa ragione, quella sera al Jazz Club avrebbe usato qualsiasi tecnica a sua disposizione per raggiungere il suo obiettivo.
La chiamò bimba, anche più volte della sua media; citò il passo di Joyce da lui tanto amato, trovandosi in difficoltà perché la ragazza aveva effettivamente letto l’Ulisse (Raimondo tralaltro scoprì che, in effetti, la sua interpretazione di quella frase era forse un po’ libera e decontestualizzata, ma ormai era troppo tardi per cambiare idea); sfoderò tutto quello che sapeva sul jazz, di cui scoprì che anche la ragazza era appassionata (il suo album preferito era Spiritual Unity di Albert Ayler: free jazz veramente folle, questa doveva essere davvero strana); ...