PerdutaMente
Data: 29/06/2019,
Categorie:
Etero
Autore: Labbra_di_lurido_blu, Fonte: RaccontiMilu
... famiglia che si stava rompendo, le sofferenze di mio padre, di mia madre e poi di mio fratello. In quegli anni, il dolore più grande è stata la perdita del mio caro nonno Arturo. La sera dopo che lo abbiamo sepolto, mi è venuto spontaneo uscire di casa, vestita solo di un vestitino leggero, contro il vento caldo dell’estate, e mettermi in cammino, attraversare la mia, la sua campagna, Quella strada che facevo tante volte seduta dentro la carriola portata da lui, e da lì scendere, scendere attraverso i campi e le vigne, ritrovare la bellezza sconvolgente della natura ed essere tutt’uno con essa. Da allora, l’ho fatto per anni e anni, tutte le sere in cui il tempo lo permetteva, da Marzo ad Ottobre, che fosse il lunedì o il sabato o la domenica, verso le nove di sera mi incamminavo, e mentre le macchine percorrevano la strada principale illuminando il mio percorso con i fari abbaglianti della sera, molti pensavano, ecco la figlia stravagante del dottore, ecco la figlia di quel ladro beccato a rubare all’ospedale, ecco la sorella del drogato, la sorella di quel cretino che ha fatto un figlio con quella disgraziata, povera famiglia, povera quella donna della madre. Ma io me ne infischiavo, la sera, alla mia ora, subito dopo cena, uscivo, e la mamma, per quanto si impegnasse a dirmi, ma cosa vai a fare da sola a piedi? io non sentivo cazzi. Quale fosse il problema, io non capivo, la mia passeggiata era l’unico antidoto contro l’ipocrisia del mondo. Cosa c’è ...
... di sconveniente per una ragazza di diciassette o diciotto anni nel camminare per la campagna? E così andavo, infischiandomene di tutto, dei commenti dei ragazzi che mi urlavano quando passavano in macchina o con il motorino. Quando arrivavo nei miei campi, affacciandomi a quello scorcio di campagna, spesso, nella bella stagione, mi toglievo i sandali o le scarpe, e godevo nel sentire sotto i piedi il tappeto soffice dell’erba nuda. Sognavo. Mi sentivo veramente e pienamente intera, a contatto con la natura, con la memoria di mio nonno, con la felicità nuova che avevo nel cuore. Le macchine che passavano non si stancavano mai di rallentare, quando mi vedevano camminare lungo la strada, alcune mi deridevano e insultavano. Tutto questo poi degenerò quando venne fuori la storia del ‘negro’. A Simona gli piace il cazzo negro, su un pezzo d’asfalto si legge ancora così. Abdou. Senegalese. L’avevo conosciuto in discoteca. Qualche volta, quando avevo voglia di mescolarmi con altre persone, nonostante tutto, mi era successo, il sabato sera, di andare a piedi fino alla discoteca che si trovava nel paese vicino. Ci andavo da sola anche se quella musica non mi piaceva, un frastuono orribile e assordante. Dopo aver buttato giù un po’ di alcol, tutto diventava più facile ed era possibile anche mescolarsi, capire cosa si prova a entrare in un corpo che non sai più controllare, come se non fosse più il tuo. E così ballavo, ballavo sfogandomi e saltando sopra una pista come un’invasata, ...