1. Blade’s royal flush


    Data: 21/11/2018, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... cose. Qualcuno avrebbe dovuto farglielo capire. E purtroppo per loro, quel qualcuno ero io. Uscii dalla stanza. Non so chi avesse progettato la villa. Ma immagino si fosse ispirato a quelche villona italica o roba del genere. Gli attuali proprietari, facoltosi oltre ogni mia maledetta immaginazione, avevano provveduto ad arredare quell’abitazione con quadri delle più svariate correnti artistiche. Il tizio che mi sbucò davanti sulle scale, pistola in pugno ma decisamente sorpreso lo fece parandosi davanti a un quadro di Picasso. Un quadro che, ancora spero ardentemente fosse falso. Sparai senza pensare. Il tizio crollò all’indietro col petto trapassato e il quadro di Picasso ora esibiva un bizzarro tocco di cremisi alla Jackson Pollock e un buco di perfetta rotondità geometrica. poco lontano dal centro del dipinto. Non m’illudevo che tali inappropriate modifiche potessero aumentare il valore del quadro, né che oramai Anthony e il pargolo non sapessero che stavo arrivando visto il casino fatto. Salii le scale.
    
    Il momento fu topico: un maggiordomo con un fucile a pompa mi spuntò davanti. Poco spazio di manovra. Mi gettai a terra ma la bordata di pallini mi soffiò in viso, strappandomi brani di pelle dalla faccia. Uh, questa era vicina. Sparai da terra, parzialmente al coperto da dietro il basamento di una statua. Il maggiordomo volò all’indietro sparando un ultimo colpo che sbriciolò parte di una Venere di Milo. “Quanto poco rispetto per l’Arte, diamine!” Altro tizio in ...
    ... uscita da una porta al pianterreno. Sparai. Mancato. Si riparò dietro un mobile ad angolo che doveva essere del ‘700. Spari in risposta. Armi di piccolo calibro. Da due direzione. Uno era il tizio sopracitato. L’altro era un nero in marsina che sparava con un’Ingram manco fosse stato al mercato. Se ne stava sulle scale, leggermente abbassato. La Venere di Milo incassò altri due colpi fatali. Una dipinto dietro di me, credo l’Abbraccio di Klimt, fu traforato. Poco male, l’avevo sempre ritenuto splendido ma terribilmente banale. Sparai a mia volta. Il nero si beccò un piombo in testa. Inzaccherì di emoglobina una tela di Rembrandt. “La ragazza con l’Orecchino di Perla ha appena cambiato nome”, pensai. Sparai e il tizio dietro il mobile incassò allo stomaco. Il mobile incassò un piombo che sarebbe arrivato più o meno alla coscia. Scattai in avanti, attentissimo agli angoli. Puntai la pistola alla testa del moribondo. -Jeoffrey. Dov’é?-, chiesi. -Fottiti!-, esclamò lui. Io mirai al ginocchio sinistro. -Uno.-, dissi. Lui scosse il capo. -Due.-, l’altro continuò a fare cenni di diniego, quasi disperatamente. -Tre!-, BLAM. Il ginocchio esplose. E quegli occhi si arricchirono di una nuova connotazione di dolore. -Allora?-, chiesi. -Di sopra!-, esclamò lui. Annuii. Colpo in testa di grazia. Salii le scale. Mi trovai davanti un piano superiore vasto tipo due volte il mio appartamento. In metà delle stanze che perquisii non c’era nessuno. Trovai un uomo armato nella stanza del Poker. Lo ...
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