1. Omaggio a zio Renato - Quinta parte - Messico e Diavoli.


    Data: 31/01/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: reginella24, Fonte: EroticiRacconti

    ... ed essenze.
    
    Aprii, completamente nuda, le buste del nuovo corredo. Solo pelle nera. Molto sadomaso. Stivali alti sopra il ginocchio. Top cortissimo. Anche il reggicalze e il perizoma erano in pelle. I capelli della parrucca, questa volta, erano più lunghi dei precedenti. Un biglietto di Antonino imponeva, per la “serata”, trucco esclusivamente nero. Continuai la lettura del malvagio libro che mi attendeva sul divano. Completamente nuda, sdraiata di pancia, sentivo ancora pulsare il mio buco del culo. Ripensando alla locomotiva che lo aveva asfaltato con veemenza, mi si riaccendeva il desiderio. Un desiderio cupo e diabolico.
    
    Attendevo con sensuale agitazione lo svolgersi della “serata”. Mi preparai. Feci molta attenzione ad ogni particolare. Il risultato era una femmina carica di un tale erotismo da far cadere in deliquio.
    
    Un non so che di satanico, si mescolava al fisico mozzafiato vestito di quel corredino da vacca in calore.
    
    Tirai abbondantemente. Non avevo nessun timore.
    
    L’Autista entrò. Dopo avermi squadrata, la fronte gli si imperlò di gocce di sudore.
    
    A un suo cenno, uscii e mi incamminai lungo l’ampio corridoio. Passo deciso e lungo. Sculettavo.
    
    Lo sentii bestemmiare alle mie spalle e mi voltai sorridendo. Lui non sorrideva. Sembrava mi odiasse.
    
    Lo scalone ci portò al piano terra. Scendemmo ancora. Una scala illuminata da antiche torce che emanavano profumo di resina ci condusse di fronte ad un enorme portone in ferro. L’autista aprì ed io ...
    ... entrai. Disse: ”Prosegua fino in fondo, Troverà una specie di grotta. Ci deve entrare. Buona serata Reginella!” Senza una parola, obbedii. Dopo circa trenta metri, trovai l’ingresso dell’antro. Senza timore, entrai. Sulla fredda terra battuta, gli alti tacchi mi facevano incespicare. Arrivai ad una porta in bronzo. Era interamente segnata da strani simboli di un tempo passato. Entrai. L’ambiente era caldo e umido. Il pavimento, il soffitto e le pareti in pietra ricordavano la cella di Edmond Dantès. La stanza, circolare, aveva solo un grande nero letto posizionato al centro. Armadi antichi ricoprivano sei metri di parete e, di fronte all’alcova, una struttura in ferro dalla quale pendevano delle catene, serviva ad immobilizzare qualche sventurato ospite. Interessante. Sedetti sul letto dopo aver pippato una lunghissima riga di coca che mi guardava da un vassoio in platino. A gambe divaricate, sentivo il piacevole contatto delle grezze lenzuola che mi solleticavano il buco del culo protetto solo dalla minuscola strisciolina in pelle del perizoma.
    
    Arrivarono. Le due Signore trascinavano un pesante carretto ricolmo di oggetti. Senza degnarmi di uno sguardo, sistemarono sei enormi ceri sul perimetro della stanza. Recitando frasi incomprensibili, li accesero. Il satanico aroma, che ben conoscevo, si sparse per l’ampia spelonca. Gli effluvi mi fecero rizzare in piedi e, respirando a pieni polmoni iniziai a toccarmi, con voluttà, ogni parte del corpo.
    
    Vedevo come doveva essere ...
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