La Caduta. Oltre il Confine. Naufrago, cattura e fuga.
Data: 18/10/2022,
Categorie:
Sensazioni
Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu
Quasi che il mare m’avesse rifiutato mi svegliai sulla spiaggia, riemergendo da un sogno vuoto, un buio imperscrutabile. Attorno a me, relitti, corpi. Nessuno di vivo? A parte me? La coscienza, i ricordi, tutto prese a tornare. Cercai la Prima Lama. Eccola. Poco distante dalla mia mano inerme, quasi che una maligna volontà o la mano del Fato avesse impedito che quella reliquia fosse persa nei liquidi abissi dell’esterno oceano. Mi alzai. Sboccai acqua, succhi gastrici. Sentii caldo sulla testa. Toccai. Dolore. Sangue. Una botta. Presa durante la tempesta… La tempesta che ci aveva travolti, tutti. Amici, nemici. Lealisti, predoni, pii o maligni, tutti annichiliti dalla mano degli abissi. Dov’ero finito? Dov’erano gli altri? Amea, Izabel, Fatma, Tork…? Fatma! La cercai. I resti di navi costellavano la spiaggia dalla bianca sabbia, i corpi inerti di uomini, gettati come marionette a cui erano stati tagliati i fili erano grotteschi al confronto col paesaggio magnifico. -Ti prego… ti prego…-, sussurrai mentre giravo un corpo, un altro e un altro. In quella provincia d’Ade parevo il solo in grado di respirare. Mi fermai davanti al corpo di un uomo grosso, riconoscendovi Tork. Il capitano era impalato da una lama che gli spuntava dal petto, in corrispondenza del cuore. Gli occhi aperti, pareva persino in pace. Glieli chiusi, passandogli una mano sul viso. Cercai ancora. Percorsi la spiaggia verso est. Altri relitti, e altri corpi. Una donna giaceva a terra. Mi avvicinai. Era Amea. ...
... Ma quando la voltai, il taglio profondo sul petto alla base del collo non mi lasciò illusioni. Aveva gli occhi chiusi. Mi alzai, continuai a cercare. Dovevo trovarla! -Fatma!-, chiamai. Doveva essere viva! Almeno lei! Era l’unica innocente! -Fatma…-, sussurrai. Cercai oltre dei resti, sollevando corpi, pezzi di legno. Infine la vidi. Adagiata sulla spiaggia. Mi precipitai al suo fianco. -No… no… no!!!-, le urla emersero dalla mia gola arrochita come entità dotate di volontà. Cercai febbrilmente una pulsazione sulle vene del collo, senza trovarla. E solo allora scoppiai a piangere, disperato, straziato. Quante vite! Quante vite era costata la mia codardia! Avrei dovuto dare il coltello ad Aristarda? O cederlo a Septimo? Sarebbe cambiato qualcosa? Socrax mi aveva avvisato, ammonito. Piansi. Piansi come un uomo non può permettersi, prostrato sul corpo di quella giovane che aveva pagato con la vita la mia sopravvivenza, come anche la sua città e la sua gente. -Dovevi prendere me!-, ringhiai al cielo, -Dovevi prendere me!-, urlò. Il cielo, vuoto, silente, non parve reagire. Urlai ancora, la voce inarticolata che squarciava il silenzio di quel luogo ameno, violato dalla mia disperazione. -Perché?-, chiesi, il capo chino a fissare il viso di Fatma. Aveva sofferto? Aveva avuto rimpianti? Pregai, pregai davvero gli dei, quali che fossero, che per lei ci fosse stata pietà. -Perché non c’è altra scelta.-, rispose una voce. Mi volsi verso di essa. Vera Nemlia, priva dell’armatura e delle ...