La Caduta. Atto Quattordicesimo. Di Serena Prima, Nimandeo Feral e di ciò che fu.
Data: 23/06/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu
... aerei, potevi schiacciarmi, invece no: volevi la gloria, la battaglia onorevole. Hai voluto tentare… e hai fallito.-, nella voce di Nimandeo non c’era ira, solo somma, assoluta tristezza, repulsione per la strage. -Risparmiami la tua compassione. Tu godi di questa sconfitta!-, ringhiò il giovane. Dolore e rabbia si contendevano l’espressione sul suo viso. -Io non ne traggo piacere. Come non trarrei piacere dalla tua morte.-, rispose Feral. -Ah sì? Allora perché i tuoi uomini hanno ucciso i miei in spregio alle costumanze del mio popolo?-, Gneo aveva calcato su quel “mio”, molto. Nimandeo capiva. Annuì ancora. -Non posso che dirmi dispiaciuto. Ma questo era parte di ciò che poteva accadere, è la guerra, quella che tu ti sei illuso di poter vincere e che tuo padre ti inviò a combattere.-, disse, -Ma non devi divenire una vittima. Tu e i tuoi uomini potete ripiegare, potete vivere.-. Gneo parve ponderare quelle parole. Con totale, assoluta serietà. Nimandeo lo guardò, pensando che se avesse rifiutato, altro sangue sarebbe corso. Era così stanco del sangue, e così bramoso di pace. Per vendicare un tentato assassinio aveva iniziato quella guerra e ora si sentiva fuori posto, attore principale suo malgrado di una tragedia di cui non avrebbe mai voluto sentir neppure parlare. “Ma, come disse un saggio, ormai siamo in ballo. Anche se solo gli Dei sanno quanto vorrei uscirne…”, pensò mentre aspettava risposta. I pretoriali di Gneo attendevano a loro volta. Erano disposti a morire? ...
... Sì. Disposti a morire lì, per quel giovane imbelle che li aveva condotti al massacro? Probabile. In teoria, avrebbero dovuto farlo. Nimandeo però vedeva. Gli uomini non guardavano al loro Legato, guardavano oltre, verso l’orizzonte di un giorno al suo termine. Molti di loro sicuramente biasimavano quel giovane, pur odiando l’uomo che era davanti a loro, che offriva loro tregua e vita salva. L’uomo divenuto traditore di Roma. Il barbaro, come potevano averlo definito. Di certo, alcuni lo vedevano così. Di questo, Nimandeo era certo. Anche Serena l’aveva visto così, prima. Ma ora… ora come lo vedeva? Se lo chiedeva spesso. -Gneo Marcagio, ti offro la vita, o la migliore delle morti.-, esortò infine. Gneo Marcagio tentennò per breve tempo, ma infine accettò di chiedere la resa.
La festività di Ganguar onorava la moglie del dio danzante delle terre ben oltre i confini dell’Impero di Roma. Serena Prima assisteva alle danze in nome della dea, agli inni cantati. Nonostante le fosse aliena, era una cerimonia in cui poteva ravvedere qualcosa. Forse gli antichi riti del Kelreas erano giunti sin lì? Forse erano nati tra quei popoli? Quanto tempo prima? Quante tribolazioni avevano visto quei riti sempre uguali? Erano giunti prima del giorno della fondazione di Licanes? Furono istituiti dopo la catastrofe che ridusse il mondo a ciò che ora era? O addirittura prima ancora? Per un lungo istante, Serena Prima si concesse la domanda, si concesse di prender tempo. I fedeli erano molti, ma ...