1. Le mie storie (101)


    Data: 26/02/2022, Categorie: Masturbazione Autore: isolafelice75, Fonte: xHamster

    ... dietro la schiena fino ad arrivare all’elastico del reggiseno. Era una situazione kafkiana, sapevamo entrambi cosa stava succedendo ma nessuno dei due lo rendeva esplicito. Quando, insinuata la mano all’interno del pezzo di sopra, mi prese il seno, istintivamente esclamò “mamma mia quanto sono grosse!”, Io sorrisi ma subito riprese a parlare d’altro. Io non lo guardavo in faccia, occupata a trattenere il piacere, ma dopo un po’ vidi l’altra mano infilata nei pantaloncini intenta a masturbarsi. Capii che era venuto quando all’improvviso mi fece alzare per poi voltarsi di spalle e pulirsi la mano sul fieno. Quel pomeriggio terminò così, i giorni dopo pian piano prendemmo più confidenza. Aspettavamo che il fratello grande uscisse, poi senza dire una parola entravamo nella “rimessa” e lui cominciava a maneggiarmi. Mi accarezzava le cosce, arrivava davanti, ma, sempre sopra la mutandina, spingeva un po’ con le dita e quando sentiva la mia voce affannare, sbottonava il vestito dietro e mi agguantava le tettone mentre contemporaneamente si faceva la sega. Un giorno però, mi prese la mano e la poggiò sul pantaloncino, in quel momento lo sorpresi perché, con naturalezza abbassai l’elastico e dopo averlo impugnato cominciai a menarglielo sfruttando l’esperienza accumulata nei mesi precedenti. Mi disse “brava” tanto che ci scappò anche un bacetto ai lati delle labbra. Mi sentivo grande, e sotto certi aspetti anche esperta, quando in realtà non lo ero affatto. La cosa diventò ...
    ... praticamente un appuntamento fisso che aspettavamo entrambi con ansia; la mattina ci ignoravamo come se non ci conoscessimo, il pomeriggio verso le 5 ci si ritrovava alla casetta rossa a fare le zozzerie. Capitava che uno aspettasse l’altra e viceversa; avevamo il nostro angolino dove, dopo esserci seduti, cominciavamo i nostri maneggiamenti. Certe volte lo trovavo con l’uccello fuori dai calzoncini, era grosso, almeno così mi appariva, non avendo tanti termini di paragone; avevo preso l’abitudine a non mettere il reggiseno se indossavo il vestito, come voleva mia madre; invece quando avevo la maglietta, la tiravo sopra al collo e lui subito mi scopriva le tette per palparle. Quando toccava in basso, non aveva mai il coraggio di superare l’orlo degli slip, nonostante io ogni volta sperassi che lo facesse, premeva le dita contro la micia giusto per sentirmi ansimare più animatamente. Uno degli ultimi pomeriggi, ricordo come fosse ieri, ci eravamo appena seduti al solito posto, lui mi guardò e disse “ma tu zuchi?” Lo guardai interdetta, non avevo capito cosa avesse detto, ma non avevo il coraggio di farglielo presente. Cercai di prendere tempo ma lui di nuovo “ma tu zuchi?” Stavo per desistere quando cambiò espressione “insomma, o’ pigl’ ‘n mocc’?” Per un attimo pensai che mi stesse prendendo in giro, poi le mie poche conoscenze del napoletano, affiorarono alla mente tutte insieme per farmi capire cosa stesse dicendo. Sorrisi e presa dall’euforia per averlo tradotto, gli risposi di sì. ...