Giochi pericolosi
Data: 22/05/2018,
Categorie:
Cuckold
Dominazione / BDSM
Etero
Autore: Cignonero_, Fonte: RaccontiMilu
... quegli acciacchi; era troppo tardi per andare a letto e troppo presto per poter fare qualsiasi altra cosa; restai a fissare il vuoto per un tempo indefinito, poi decisi di fare colazione continuando a crogiolarmi sul divano seguendo distrattamente i noiosi programmi che giravano a quell’ora, tornai in me circa due ore dopo, quando lessi, sullo schermo del telelofono, il suo buongiorno. ‘Buongiorno mia cara, oggi, indosserai la gonna, quella nera fasciante, per ora è tutto’ Mi infilai sotto la doccia, rimasi sotto il getto d’acqua calda a pensare se sarei stata in grado di ottemperare a quel desiderio che ormai ci apparteneva.
Mandai la foto a Marcello che non perse tempo a rispondermi ‘Brava, mia dolce Dafne, non fare tardi al lavoro’ Mi precipitai in ufficio, una volta alla mia scrivania; nonostante il vago stato confusionale in cui riversavo; mi buttai a capofitto sulle varie scartoffie da controllare. A metà mattinata, Il capo si presentò nel mio ufficio con due bicchierini di caffè, chiedendomi di presentarmi nel suo ufficio intorno alle 17:00, ero certa che non ci sarebbe stato nulla di buono ad attendermi, anche se già sapevo come girare le carte a mio favore.
Quando percorsi il lungo corridoio che portava agli ascensori, gli uffici si erano da poco svuotati, l’unica compagnia al suono dei miei passi nelle decoltè di vernice nera, mi era data dal ronzio delle fredde luci al neon. Le porte chiuse degli uffici, rendevano quel luogo, a tratti, quasi spettrale. ...
... Durante la permanenza in ascensore sentii un leggero senso di oppressione, per un attimo ebbi il terrore che se si fosse bloccato sarei potuta rimanere lì per chissà quanto tempo, mi risollevai quando le porte si aprirono. Mi accolse il silenzio e la penombra, in fondo una luce flebile mi indicava la via per l’ufficio di Dario. Sentii le gambe quasi cedere, respirai a fondo e ripensai alle parole di Marcello durante la telefonata di qualche ora prima, scattai una foto alla porta dell’ufficio del capo e la inviai. Aspettai una sua risposta per un tempo che sembrava non trascorrere mai, stavo quasi pensando di tornare sui miei passi ed abbandonare, quando il telefono vibrò ‘Bene, sai cosa fare’ Quella frase secca, mi diede la spinta a proseguire.
Bussai alla porta ed attesi la voce di Dario per entrare. Quando aprii la porta, lui era dietro la scrivania, intento al computer, la stanza era illuminata solo da una fioca lampada da tavolo, e la luce dello schermo sfiorava il suo viso; le ombre sul suo volto venivano accentuate, quasi da fargli assumere un aspetto grottesco; senza scostare lo sguardo mi invitò ad accodomarmi, attesi su quella sedia con un misto di desiderio perverso e nervosismo; fuori, era ormai buio; le luci dei lampioni rischiaravano a tratti le ombre della notte. Ormai in azienda non c’era rimasto pressoché nessuno, oltre noi due.
Avvertii una leggera vertigine, quando Dario, improvvisamente mi trafisse con lo sguardo ed un sorriso bizzarro pennellò il suo ...