019 slovenia. il lato oscuro dell'amore
Data: 23/12/2020,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69
Aveva preso il fascio di fiori e li aveva sbattuti sul cofano.
Poi fui sbattuto io su quei fiori.
E poi fu sbattuto pure il culo.
Lo so, non è bello aprire un racconto con una scena così.
Non va bene iniziare così, senza che vi sia un preludio, senza quel sapiente surriscaldamento scalare che ogni buon autore ha il dovere di mettere in atto.
Nella stesura di un buon racconto ci vuole maestria, ma dovete credermi che così fu per me. Chiavarmi al parcheggio di una improbabile statale fu un gesto inaspettato, brutale, soverchiante e doloroso.
Non mi preparai a quella circostanza. In una manciata di minuti giacevo come carne morta, distrutta nelle polpe, con il petto pressato su di un giaciglio di fiori sparsi.
Così io stavo, riverso su di un cofano ancora caldo, e con la tuta abbassata, le mutande strappate ed il culo già così malconcio sapientemente tritato dal batticarne del mio uomo già dalla notte prima.
Stavamo insieme da soli due giorni.
Avevo un bell’urlare io.
Per tutta la notte mi aveva seviziato in albergo, fino all’alba.
E lui, mai stanco dopo essere venuto a sborra per ben tre volte, volle riprendersi quel culo, fino a strapparmi l' anima dalle mie stesse viscere.
Già, la mia fessurina, ma quanto lo mandava in botta la mia fessurina, ridotta ad un ammasso rivolto di carne scossa, eppure ancora mai sazio quel mio uomo, che pretese a sé di nuovo il mio corpo sul ciglio di quella piazzola.
Ecco perché urlavo. Urlavo per timore e ...
... per quel suo brutale fare l'amore.
Si dice che l’amore porti con sé sempre un proposito di violenza.
Certo, è vero, mi aveva regalato un gigantesco mazzo di fiori come compenso per tanto sollazzo della notte prima, che io quasi ne provai imbarazzo.
Forse il dono poteva dirsi improprio da parte di un maschio, verso un altro maschio, ma quel mazzo di fiori lo intesi come gesto forse maldestro da parte di un uomo dalla cultura così distante dalla mia, ma a cui forse andava concesso il condono di un atto senza dolo.
Il mio uomo era di un altro mondo, era russo, e si chiamava Koba.
E ora quello stesso mazzo di fiori di diversa varietà macerava sotto di me, nel rinnovarsi di una già recente distruzione del corpo, compresso sulla lamiera, tra petali disfatti e confitto a sangue dalla minchia del mio bestione.
Il mio fidanzato era un vero massiccio, maschio, incurante di me quando era eccitato, e lo era a tal punto che non mi graziò nemmeno di una pausa quando sentii grondare dal culo l’esile rivolo di sangue e non valsero le mie grida, il mio inutile divincolarmi, a sottrarmi da quell’accanimento, nonostante in fondo...
In fondo era quel che mi piaceva.
Noi due eravamo troppo lontani dal mondo civile, immersi a fottere, lui maschio io femmina, nelle brume di una piazzola di sosta sui colli sloveni.
Era bello e violento, forse troppo violento perché a mano a mano io sentii affievolirsi questa grande bellezza, mentre pungente e lancinante si faceva strada ...