La seconda volta...
Data: 30/10/2020,
Categorie:
Trans
Autore: eduaperto, Fonte: Annunci69
... sua, avevo le gambe che mi tremavano per l’emozione. Ancora una volta il portone si aprì, senza che nessuno mi rispondesse. La porta di casa era socchiusa.
“Dirigiti in bagno, fatti una doccia e torna da me, come il cane che sei diventato”, questo il saluto che ricevetti dalla Padrona.
“Buonasera Signora, vado subito”, replicai prontamente.
“Verme!, che non ti venga in mente di alzare lo sguardo, quando arriverai al mio cospetto zampettando!”, aggiunse la Signora.
Per la seconda volta, in una settimana (nonché nella mia vita), feci a quattro zampe (e completamente nudo) il percorso dal bagno al salotto, dove si trovava la mia Padrona. Fissavo il parquet, fino a quando non ritrovai le sue bellissime scarpe scamosciate col tacco 12 che avevo annusato e leccato all’interno. Questa volta, però, la mia Padrona indossava delle calze a rete bianche, altro non potevo vedere, essendomi vietato di alzare lo sguardo.
“Sei ancora un acerbo novellino, ma ho deciso di volerti forgiare e assoggettarti a ogni mio volere. Imparerai a bere e leccare come un vero cane, imparerai molto altro ma non voglio anticiparti nulla”, sentenziò la Padrona, senza ammettere (ovviamente) alcuna replica.
Non a caso mi limitai a dire: “La ringrazio umilmente, Signora e Padrona”.
A quel punto si accese una sigaretta, andò al centro della stanza e si sfilò la scarpa sinistra, la lasciò lì e si andò a risedere nella paltrona.
“Vai cagnolino, fammi vedere come sei bravo. Vediamo se sei ...
... capace di stupirmi come la volta scorsa, vai!”.
Non le diedi il tempo di finire la frase, che mi avventai sulla sua scarpa, affondando il viso dentro e iniziando a leccare con voracità. Per la seconda volta in una settimana, ero tale e quale a un cane con il suo osso. La Padrona non riusciva a smettere di ridere mentre io, persi tutti i freni inibitori e senza alcuna vergogna, passavo la lingua su ogni centimetro di quella scarpa, leccavo con foga punta e suola e pompavo – sì pompavo! – il tacco.
Evidentemente, questa volta, la Padrona aveva voluto vedere fin dove mi sarei potuto spingere. Era rimasta in silenzio, ridendo e gustandosi la scena.
“Hai capito il mio schiavetto? Non smette di stupirmi, il mio schiavetto! Noto con piacere che ti basta soltanto una mia scarpa per non capire più niente! E cosa farai allora quando ti inizierò ad altri piaceri e alle mie pratiche?”, sentenziò la Padrona.
Rimasi in silenzio, con il viso dentro la scarpa, la Padrona aveva ragione e io non sapevo cosa dire.
“Afferra coi denti il tacco e riportami la scarpa, cane!”, mi ordinò.
Non risposi feci immediatamente quello che mi chiese, lasciandole la scarpa a pochi centimetri dal suo piedino velato. La calzò, sì alzò e andò nell’altra stanza. Rimasi solo a fissare il parquet, nonostante fossi nudo la stanza era calda, oltretutto dopo aver oscenamente fatto quello che mi aveva ordinato, sentivo ancora ribollire il sangue dentro di me. In silenzio e in solitudine, ammettevo a me ...