1. Il tormento di un padre


    Data: 08/05/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: LuogoCaldo, Fonte: Annunci69

    Mi stava scoppiando la testa.
    
    L’auto sfrecciava sull’asfalto bagnato in direzione di casa mentre provavo a chiamare mio figlio per dirgli che sarei rientrato prima.
    
    “Cazzo, e rispondi una volta!” Mi dissi.
    
    Non sapevo più che fare con quel ragazzo.
    
    “È normale, gli adolescenti danno sempre dei problemi!”. Ripetevo a me stesso.
    
    Eppure, in cuor mio, sapevo che, da quando mia moglie era morta, Annibale era diventato ingovernabile.
    
    Mi sfuggiva, si rendeva irreperibile, spariva per pomeriggi interi e rientrava a casa a notte fonda.
    
    Accostai l’automobile al marciapiedi e tirai un sospiro di sollievo.
    
    “Finalmente”. Biascicai.
    
    Non ne potevo più di guidare.
    
    Afferrai la ventiquattro ore e feci per aprire la portiera quando, dall’altra parte della strada, oltre il muro di pioggia, vidi il mio bambino che varcava la soglia del portone in compagnia di un uomo.
    
    “Ma che cazz …”
    
    Non riuscii neppure a finire il pensiero che mi accorsi che il tizio si faceva accosto ad Annibale e, appoggiandogli una mano sul sedere, lo spingeva lungo l’androne.
    
    Il ragazzo lo guardò rapito e mentre, a sua volta, cingeva la vita del marcantonio, si lasciò condurre nella direzione degli ascensori.
    
    Il cuore saltò un battito e riprese a galoppare selvaggiamente.
    
    Ci si aspetta che un padre sappia sempre cosa fare e invece, in quel momento, io mi sentii bloccato.
    
    L’abitacolo che, fino a qualche secondo prima, mi opprimeva s’era improvvisamente trasformato in una tana ...
    ... sicura, fuori dalla quale la vita stava imperversando con tutta la sua imprevedibilità.
    
    Usai su me stesso una grande violenza per uscire fuori e, senza aprire l’ombrello, mi precipitai nel palazzo.
    
    Percorsi a piedi i sei piani delle scale.
    
    Avevo il cuore in gola e mi trascinavo con la lentezza di chi non vorrebbe arrivare mai.
    
    “È solo un ragazzino”. Pensavo.
    
    E invece sapevo bene che mio figlio era ormai un giovane adulto.
    
    Aveva compiuto da poco sedici anni ed era nel pieno dello sviluppo.
    
    Moro, ben proporzionato, forgiato dalle ore nella palestra che, alla sera, frequentavamo insieme.
    
    Non mi assomigliava per niente.
    
    Io ero molto più alto e molto più robusto di lui.
    
    Avevo il corpo ricoperto di peli ispidi, mentre lui era esile e naturalmente glabro.
    
    “Dovrà pur spuntarti qualche pelo prima o poi”. Gli dicevo per gioco nella doccia del centro sportivo quando, dopo gli allenamenti, ci ritrovavamo prima di tornare a casa.
    
    Ma lui faceva spallucce, s’insaponava la pelle di velluto e mi rispondeva poco convinto: “A me sta bene così”.
    
    Quando fui al piano, davanti alla porta di casa, rimasi fermo per alcuni minuti, stringendo tra le dita la chiave per metà già inserita nella toppa.
    
    Infine, mi feci coraggio e, senza fare rumore, sgusciai dentro l’appartamento.
    
    L’ingresso era buio e, nel corridoio, all’altezza della camera di Annibale, la luce filtrava oltre la porta socchiusa.
    
    Mi tolsi le scarpe e, trattenendo il respiro, mi avvicinai ...
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