1. L'addestramento di una sissy slave - 8


    Data: 05/11/2019, Categorie: Dominazione / BDSM Feticismo Trans Autore: CagedSissyCuck, Fonte: xHamster

    ... dolore, implorando pietà. Come ho già avuto modo di dire, non sono un cuor di leone, ma, ad onor del vero, fanno VERAMENTE male. Il prode Luca ce la mette tutta, sento la frusta sibilare e poi abbattersi su di me, il dolore è lancinante, insopportabile, i colpi si susseguono uno dopo l’altro, non so quanti ne manchino, ho perso il conto, le gambe mi tremano incontrollabilmente, mi accorgo di star piangendo come una ragazzina...
    
    Il “click” che sento è quello del moschettone del guinzaglio che s**tta agganciandosi al mio collare. I colpi cessano. La gente ha smesso di contare ad alta voce. C’è solo silenzio ora.
    
    -Basta così, è troppo. Ritiro la mia slave.
    
    E’ la voce della mia Signora, quella che sento. Vengo liberata, aiutata a rimettermi in piedi. Riesco a riguadagnare abbastanza lucidità per guardarmi intorno. Come in un sogno registro queste immagini:
    
    Il prode Luca, rimasto con la frusta in mano, che guarda la mia Signora. Lei che lo fulmina con lo sguardo, lui che abbassa gli occhi.
    
    L’isterica Alina che sta urlando che di non aver ancora avuto il suo risarcimento, che così non vale... Un paio di persone non meglio identificate che la trattengono dicendole che non può farci niente: sono le regole.
    
    La mia Signora che si volge verso l’isterica Alina e che, con tutta la calma del mondo, le sibila:
    
    -Attenta, donna, ho sopportato anche troppo, se dici una sola altra parola dovrai vedertela con me.
    
    La dolce Alina che si confonde, smette di dare di matta e si zittisce.
    
    I padroni di casa che si scusano, quasi convulsamente, con la mia Signora, sull’uscio.
    
    Il nostro autista che ci apre lo sportello della macchina, che ci aiuta ad entrare e che si mette al volante.
    
    Melany che mi tiene stretta tra le braccia per tutto il tempo che ci vuole per arrivare a casa.
    
    Io che mi abbandono in quell’abbraccio, in un pianto liberatorio.
«12345»