Mio suocero – 5° Sentirsi strane
Data: 17/03/2018,
Categorie:
Erotici Racconti,
Cuckold
Dominazione / BDSM
Racconti Erotici,
Lesbo
Autore: Zorrogatto, Fonte: RaccontiMilu
... mi insultò, ma poi mi spiegò il percorso, abbastanza semplice. La ringraziai e lei, con una luce maligna negli occhi, mi disse che per ringraziarla adeguatamente avrei dovuto inginocchiarmi e poi leccarle i piedi «… e spero che non ti dispiaccia, tesooooro, se avendo messo sneakers stamattina, saranno forse un po sudati…» Me ne faceva entrare uno in bocca, mentre mi appoggiava il tallone dell’altro sulla fronte ed io, devotamente, li leccai e succhiai accuratamente.
Quando decise che era soddisfatta, mi spedì a male parole, coi miei incartamenti «… che mica possono restare lì fino a mezzanotte, ad aspettare i tuoi comodi, cretina!»
Perciò mi misi al volante della mia auto e, cercando di ricordare il percorso, mi avventurai.
Per giunta, quella sera, il traffico era ancora più lento del solito e, ad un incrocio davanti a me, c’erano agenti della municipale che deviavano il traffico nelle laterali, impedendo di proseguire dritti come avrei fatto normalmente.
Seguendo la pulsione della giornata, feci risalire di un paio di centimetri l’orlo della gonna e poi mi fermai accanto all’agente, di spalle.
«Scusi, ageeente…» Si voltò e mi sentii sprofondare: invece dell’aitante vigile a cui sognavo di regalare una vista suggestiva, si era voltata una virago con due spalle da scaricatore di porto. Mi guardò con aria feroce ed io dissi la strada dov’ero diretta e che con quella deviazione non sarei riuscita a… Lei mi sciorinò una raffica di “Prima a destra, seconda a ...
... sinistra, alla rotatoria vada dritta e poi a sinistra e la terza a destra…” e mi fece segno di levarmi dai piedi. Ovviamente non ricordavo tutte le svolte elencate e fu così che mi trovai in una parte di città poco frequentata, con capannoni, magazzini ed edifici abbastanza fatiscenti. Come una palazzina di tre piani che, settantanni fa, doveva essere abbastanza gradevole, ma che ora, dopo decenni di incuria e circondata da capannoni abbandonati, aveva l’aria sciatta e sgangherata.
Ai lati del portone c’erano due negozi: uno con la saracinesca abbassata e coperta di graffiti e l’altro che annunciava “Commestibili” nell’insegna, anche se l’aspetto non invogliava alle visite e, men che meno, agli acquisti.
Su una panchina, che si intravvedeva tra le erbacce, erano seduti due uomini in canottiera, che fumavano e stavano chiacchierando e scherzando col conducente di un furgone che, a causa di una vecchia station wagon parcheggiata di sbieco e con una ruota sul marciapiedi, in pratica bloccava il transito.
Dopo essermi fermata, visto che nessuno dei tre sembrava essersi accorto del mio arrivo, mi affacciai dal finestrino: «Scusiii… Scusi, per favore… io… dovrei passare…» Uno degli uomini si alzò lentamente dalla panchina e venne verso di me: non rasato, canottiera e jeans macchiati, capelli lunghi, neri, unti, labbra tumide con piantata in un angolo una sigaretta.
Appoggiò la mano sul tettuccio e poi si piegò a guardarmi, con fare strafottente ed un alito atroce.
«Bela ...