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Estate '98 - mia sorella la "calabrisella"
Data: 04/05/2019, Categorie: Incesti Autore: Mr_divo, Fonte: EroticiRacconti
Tengo a raccontare questa cosa perché a distanza di molti anni rimane ancora l’esperienza più forte della mia esistenza. Era l’estate del 1998. I miei genitori si erano separati ufficialmente nei primi giorni di maggio. Mio padre aveva deciso di ufficializzare la storia con la sua nuova compagna e mia madre si era trovata di colpo da sola. Dopo i primi mesi di forte solitudine, decise all’improvviso di passare la prima estate da single con la sua migliore amica. La decisione fu comunicata con tono secco e senza possibilità di discussione. Sarebbe andata in spagna per un mese, lontano da tutto e da tutti. Io e mia sorella restammo ad ascoltarla senza aprire bocca. Fino a quando ci fu comunicato che noi due saremmo stati accompagnati, sin dalla metà di luglio, in Calabria dai nonni. La decisione era insindacabile. Non dimenticherò mai lo sguardo di odio con cui mia sorella ascoltava le parole di nostra madre. Per Stefania la prospettiva di passare un’estate intera in un paesino della Calabria in Sila di 3mila anime doveva suonare come una condanna a morte. Ed infatti, appena arrivati mia sorella i primi giorni si chiuse in un mutismo preoccupante. Non usciva di casa. Non frequentava altro che la sua stanza. I nonni erano preoccupati e spesso sentivo che ne parlavano al telefono con nostra madre. Nessuno poteva entrare nella stanza di mia sorella. Le sue apparizioni erano estremamente rare. Si aggirava per la casa come un fantasma ...
... con le immancabili cuffiette attaccate alle orecchie. Sentiva la musica. Era isolata dal mondo intero. Io al contrario mi perdevo in interminabili partite di pallone con i ragazzi del posto. Mi bastarono pochissimi giorni per prendere confidenza con i pochi ragazzi del posto. Giocavo a pallone dalla mattina alla sera. Non pensavo ad altro che a quello. Dopo una decina di giorni di totale isolamento, una mattina con stupore vedemmo arrivare stefania in cucina per la colazione. Non lo aveva mai fatto nei giorni precedenti. Non era di certo sorridente ma era il segno che qualcosa stesse cambiando. Prese solo un caffè e resistette alle insistenti offerte di cibo avanzate da nostra nonna. Poi prese la grande borsa di corda, la mise a tracolla, infilò i grandi occhiali scuri e ci salutò con un accenno della mano. Uscì di casa senza dare altre spiegazioni. Da quel giorno, cominciò a passare sempre più tempo fuori casa. Di frequente capitava che non la si vedeva rientrare neppure per cena. A volte, rientrava direttamente la notte. Si accompagnava spesso con un nostro cugino più grande. Un poveraccio di 25anni che non aveva avuto il coraggio come i suoi fratelli di abbandonare il paese. Un tipo senza ne arte ne parte. “Una capa a perdere!” diceva sempre mia nonna. Dopo il nostro arrivo si era fatto vedere appena un paio di volte. Era passato a salutarci. Tutto sommato era gentile e tanto ci bastava per accedere ad una certa confidenza. I miei ...