1. Il cognome del padre 1


    Data: 16/04/2019, Categorie: Etero Autore: geniodirazza, Fonte: Annunci69

    ... padrone della situazione; l’unica cosa che poteva fare era cercare di fargli tutto il male possibile, anche scaricargli la colpa dell’incidente alla loro figlia, sperando che sopravvivesse; il desiderio di colpire diventava sempre più vivo quanto più prendeva coscienza delle sue colpe vere; gli avrebbe fatto male, a qualunque costo.
    
    La presenza di Massimo le risultò perfino fastidiosa; lui arrivò a proporle, non essendo possibile fare niente, di passare almeno la notte copulando; lo guardò con schifo; ma era la sua immagine riflessa quella che guardava, una madre che pensava a farsi sbattere nel retto mentre la figlia rischiava la morte in una camera operatoria e il padre impazziva di dolore nel corridoio dell’ospedale; sapeva di comportarsi in maniera indegna; ma strinse i denti e decise di lottare.
    
    Passò la notte ad ascoltare la burrasca che sconvolse prima il mare poi l’isola; alle sei chiamò il tassì per l’aeroporto; lui aveva deciso di sfruttare fino in fondo la vacanza prenotata e di seguire il programma previsto, visto che il problema non lo toccava; mentre il tassì si allontanava, vide una squillo, conosciuta in spiaggia, andare verso l’hotel, diretta lei sapeva dove; si confermò in lei la determinazione a fare da sola e cancellare dalla sua vita marito e amante.
    
    Il viaggio, come largamente previsto, fu un calvario, con lunghe soste negli aeroporti prima di sbarcare a Milano;un tassì la portò precipitevolmente all’ospedale; si fece indicare la stanza ...
    ... della figlia e vi andò correndo; incrociò il medico che usciva; gli chiese come stesse la bambina e lui la rassicurò; era andato tutto bene e doveva solo guarire dall’intervento; pochi giorni di degenza e sarebbe tornata come prima.
    
    In camera, Ginevra aveva la testa fasciata, era intubata e dormiva; su di lei era chino Marco, disfatto dal dolore, dalla stanchezza, dall’attesa; quando la vide si staccò dalla bambina e le cedette il posto; non si scambiarono una sillaba; la bimba si svegliò, la vide e la chiamò ‘mamma’; lui le guardò con dolore, accarezzò il viso di Ginevra e disse.
    
    “Vado a respirare aria pulita. Ciao.”
    
    Furono costretti ad incrociarsi, nei due giorni successivi, quando lui veniva a visitare la figlia, ma si lanciarono solo sguardi d’odio; Marina non ebbe voglia di dire una sola frase per spiegare; il terzo giorno, non trovò né madre né figlia; la bambina era stata dimessa ed erano andate via; non le cercò e si lanciò a capofitto nel lavoro, ultima risorsa per non impazzire.
    
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    Erano passati dieci anni all’incidente capitato a Ginevra; Marco era sembrato stordito, avulso da ogni contesto, incapace di darsi una direzione di vita; dopo la scomparsa di moglie e figlia dall’ospedale, ne aveva perso le tracce, immerso nel lavoro fino ad impazzirne, sballottato in viaggio per l’Europa, non si era preoccupato affatto della causa di separazione che la moglie gli aveva intentato attribuendogli le colpe dell’incidente alla figlia che era stata affidata ...
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