1. Il tormento di un padre (tanta sborra in fondo al retto)


    Data: 09/03/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: LuogoCaldo, Fonte: Annunci69

    ... Rispondeva imbarazzato. “Lo conservo, così quando mi metto a letto ho qualcosa di te”.
    
    “La mia sborra?” Domandavo ilare.
    
    “Si … La tua sborra … Mi infilo le dita nel sedere, le bagno del tuo sperma e me le porto alle labbra … Così mi addormento col tuo sapore in bocca …” Confessava. “E sono felice … Tanto”. Aggiungeva guardandomi con i suoi enormi occhi verdi e lasciandomi senza parole.
    
    Lui e suo padre non vivevano più insieme da anni.
    
    La madre aveva l’aveva lasciato per un altro uomo e s’era portato il piccolo con sé. Si erano trasferiti in una bella casa circondata da un grande giardino e come tutte le famiglie borghesi fingevano di vivere un’esistenza tranquilla, nonostante la presenza ingombrante di quel fantasma molesto.
    
    L’avevo costretto a dirmi dove abitava Alessandro.
    
    Quell’uomo era divenuta la mia ossessione.
    
    Provavo nei suoi confronti una gelosia folle e, allo stesso tempo, un’ammirazione silenziosa.
    
    Il suo grosso ariete aveva perforato il culo di burro di mio figlio e l’oscenità delle sue richieste aveva sradicato dal cuore del mio bambino il bisogno d’incesto che io stesso gli avevo sentito urlare al vento: “Montami il culo papà … Voglio che la notte mi usi per sborrare …”.
    
    Mi appostavo spesso sotto quell’abitazione di periferia.
    
    Nascosto dentro al loden mi sentivo fuori luogo in mezzo ai fabbricati fatiscenti.
    
    Aspettavo che l’amante di Annibale uscisse e lo seguivo da lontano, come uno stalker.
    
    Spesso li sorprendevo assieme. ...
    ... Camminavano distanti e facevano finta di non conoscersi ma, al riparo della prima ombra, si avvicinavano per una carezza fugace o per un bacio proibito.
    
    Mio figlio sembrava un cane appresso a quel marcantonio.
    
    Lo osservava con bramosia e posava lo sguardo sulle sue cosce e sopra al grosso pacco che sporgeva imperioso sotto al tessuto ruvido dei jeans.
    
    Leggevo nei suoi occhi la stessa fame d’amore che intravedevo in fondo a quelli di Iryl. Il bisogno di essere dominato.
    
    La necessità di appartenere a qualcun altro.
    
    Realizzai che spesso, di sera, non troppo lontano dal luogo dove raccattavo il mio amante, i due s’infilavano in un piccolo locale senza insegna, dietro a una porticina anonima appena visibile dalla strada, e che ne uscivano solo molto tempo dopo.
    
    Mi chiesi più volte dove conducesse quel varco, ma non ebbi mai il coraggio di avvicinarmi fino a che una notte, mentre il vento ululava intorno a me, non mi determinai a scoprire cosa ci fosse dietro a quell’uscio misterioso.
    
    La porta era molto vecchia e cosparsa di graffiti osceni che sembravano incisi con le unghie.
    
    Il trillo metallico del campanello sovrastò il rumore del vento.
    
    Un ragazzo allampanato con i capelli rossi e un tappeto di efelidi intorno al naso venne ad aprire. Aveva gli occhi azzurri e il profilo delle labbra appena accennato.
    
    Il sorriso era assonnato, ma lasciava intravedere una fila di denti bianchissimi.
    
    “Sei solo?”. Mi chiese.
    
    Annuii.
    
    Lui levò lo sguardo al cielo ...