1. 011 scena madre


    Data: 03/03/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    L'ansia mi aveva levato il sonno.
    
    Ero diventato nottivago.
    
    Di notte ormai non dormivo più, ed accordavo le mie ragioni al sonno nelle ore di lezione. D'altronde nessuno più si occupava della mia erudizione. Ero formalmente stato espulso dalla scuola. Era questione di tempo, forse di ore, e me ne sarei dovuto andare.
    
    Ero diventato ondivago e notturno, preferendo al letto i grandi varchi silenti dell'istituto. Amavo i silenzi, il tepore dei meandri opposti alla bruma là fuori oltre i vetri cattedrale.
    
    Fuori le braccia degli abeti volgevano al vento il loro saluto perpetuo su ogni cosa animata e inanimata.
    
    L'opale della luna poi velava d'azzurro le pietre e i dipinti, ed in terra si dilungavano le gotiche ogive radiose dell'astro.
    
    Vagavo.
    
    Vagavo e vagavo, fino a quando non mi fermai nel grande atrio.
    
    Era da lì che un giorno ero entrato col cuore spaventato, ed una tremenda angoscia, presaga di qualcosa di infausto, mi occludeva la gola.
    
    Ora quelle sensazioni mi tornavano prepotentemente in vita.
    
    Si dice che il silenzio sia di chi s'accontenta, ma nel silenzio si ordiscono i delitti.
    
    D'improvviso, da lontano, udii provenire un canto soave. Era voce di donna, voce melanconica e di calma. Il canto echeggiava dai corridoi clericali dal piano di sopra.
    
    Era voce d'angelo. Rimasi incantato e immobile, e pareva il canto di una creatura celeste.
    
    La voce era sempre più nitida.
    
    S'accesero d’improvviso le cremagliere di luce azzurre dell'ascensore ...
    ... di cristallo. Le luci puntinate erano di un azzurro accecante.
    
    Poi prese a muoversi la cabina dal piano di spora.
    
    Scendeva lentamente come un'astronave scendeva, e la voce… cantava.
    
    Corsi a nascondermi dietro una colonna inseguito da quel bagliore che lentamente, molto lentamente, preludeva all’atterraggio.
    
    Il canto seguitava, melanconico, la luce saliva su per il colonnato, e poi più su sulle crociere nervate. Riparai dietro ad una colonna. Osservai il calare lentissimo della cabina di cristallo, e vidi apparire a poco a poco, i lembi di ampio abito. Poi il profilo di luce si rastremava nel profilo in un traslucido tessuto cupo di donna, poi quelle linee confluirono nella vita strettissima e fasciata, poi presero morbidamente a riallontanarsi salendo per il busto conico ed in fine vidi il collo, proteso, con un collare e pendagli ed in ultimo il capo, e sopra il capo un qualcosa di alto, di lucente e sofisticato.
    
    Dalla sommità di questo traboccavano i capelli, a milioni, di un rosso sangue, e scendevano in una criniera di cascata sulle spalle.
    
    Era la dea che cantava con una voce bellissima, soave, da incantare le bestie del mondo.
    
    Posatasi finalmente la cabina, le porte si aprirono e nonostante le palpitazioni del mio cuore, ebbi la forza di guardare quella figura avanzare.
    
    Le porte si richiusero alle sue spalle. Cantava. Il mio cuore era come impazzito. La luce della luna investì la sagoma.
    
    Era mia madre.
    
    Poi ultimò il verso con un acuto flebile ...
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