1. La ragazza troppo bella - Parte 8


    Data: 17/02/2019, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Judicael Ouango, Fonte: EroticiRacconti

    L'uomo era immobilizzato sotto di me. La parete di fronte era un unico specchio che copriva il soffitto della stanza. Era completamente nudo, rosso in viso, ansimava. Goccia dopo goccia, la cera della candela accesa che tenevo in mano lambiva la pelle del suo basso ventre. Il suo torso era ricoperto di cera che solidificandosi aveva fatto una crosta del colore stesso della candela: rossa. L'unica luce che c'era nella stanza era quella delle candele accese. Avevo tagliato i cappelli, il che faceva risaltare il mio lungo collo ed il mio mento deciso. Portavo dei stivali di pelle che arrivavano sopra il ginocchio. Un tanga minuscolo, e sopra un corsetto sempre di pelle nera. Un maschera nera accentuava l'aspetto che mi proponevo di avere.
    
    La candela stava finendo. Mi alzai ed andai a versarmi da bere. C'era un secchio con una bottiglia di spumante sul tavolo. Bevvi e poi versai il resto dello spumante in bocca all'uomo che rischiò di affogare. Seduta sul lato del letto, guardai l'uomo ed il mio sguardo scese verso il suo basso ventre. Il suo sesso era chiuso in una piccola gabbietta metallica. Era difforme, violaceo. Ero certa che dolesse tanto. Non capivo quella ricerca del dolore per arrivare al piacere. Il piacere che diventa dolore, che ti invade e diventa insopportabile, il piacere che è frustra, che è dominazione, che è equilibrio, che è tutto. Il dolore è una scorciatoia. Una grande scorciatoia per approdare al piacere. Ma si sa, noi umani, siamo cosi ...
    ... diversi...
    
    Slegai l'uomo e gli permisi di sedersi a terra, affianco a me. Gli misi una mano sulla testa e gli accarezzai distrattamente i cappelli mentre bevevo altro spumante. L'uomo aveva un plug in culo. Glielo avevo infilato io. Il più grande che avevo. Allungai il tacco verso il suo pene che cominciai a schiacciare. Gli piacque. Continuai per qualche minuto e poi mi venne voglia. Scartai leggermente le mutande e gli dissi "lecca". Il che fece subito. I peli della sua barba mi solleticavano l'interno delle cosce mentre la ruvida lingua cercava di intraprendere un dialogo intimo con la mia vagina. Era bravo, diligente, e dopo un paio di minuti, gli venni in bocca mentre stringevo le gambe in una stretta mortale. Fini di leccare i miei umori pulendomi la fica e tornò a sedersi laddove stava prima. Sorrisi nel vedere il suo cazzo imprigionato viscoso di sperma. Aveva goduto ancora. Stavo per dirgli qualcosa quando si senti il suono di un cellulare. Era il cellulare di Alberto. Ovviamente, in quanto comandante, aveva l'obbligo di essere reperibile sempre...
    
    Alberto se ne andò lasciandomi li. Erano passati sei mesi dalla mia avventura con Elena. Alberto mi aveva cercata per sapere come stessi, ed aveva cambiato le sue mire. Nel frattempo, anch'io ero profondamente cambiata. Napoli è una città di cuore, dove crescere vuol dire coltivare la compassione. Persi parte della mia educazione dinnanzi alla realtà della vita. Ciò che mi era capitato mi aveva profondamente afflitta. Chi mi avrebbe ...
«1234...»