1. Confessione e rammarico


    Data: 21/01/2019, Categorie: Dominazione / BDSM Etero Lesbo Autore: Idraulico1999, Fonte: RaccontiMilu

    Quest’oggi qua da noi nevica, sono dentro casa, che sto revisionando davanti al fuoco del camino con una mia cara amica d’infanzia con spassosi rimpianti e con piacevoli nostalgie, le fotografie che avevamo scattato nel periodo dell’università a Urbino nelle Marche, nella facoltà di sociologia assieme alle mie devote e affezionate compagne e in compagnia d’allettanti giovani universitari. Precisamente scorreva l’anno 1994, all’epoca avevo ventun anni d’età e mi ero iscritta in quell’ateneo dietro opportuno suggerimento d’una mia cugina, essendosi anch’ella piacevolmente laureata anni addietro in quella sede. Io ero valutata e ritenuta, a dire di molti, una bella figa con un apprezzabile e invitante fondoschiena, anche se a differenza delle mie amiche io evitavo abiti troppo vistosi o provocanti, perché mia madre assieme a mia zia, fino all’ultimo nella sua ristretta quanto perseguitante permanenza con me a Urbino, nondimeno di natura ferrea, retrograda, morigerata e casta qual era, m’aveva attentamente segnalato e disciplinatamente avvertito di non indossarli.
    
    Tengo a precisare in aggiunta a ciò, che io essendo originaria di Cutro in Calabria, tenuto conto delle origini, delle radici e della provenienza della mia famiglia, essendo là ancora radicati certi valori da rispettare e talune virtù da onorare, in special modo per le femmine, dovevo ancora attenermi, conservare e uniformarmi a quelle etichettate e spiccate austerità e a quei ligi e pignoli doveri di donna che ...
    ... venivano inculcati in ogni famiglia, una disciplina peraltro molto osservante, in quanto a casa non godevo di ampia libertà. E’ stato aleatorio e problematico fino all’ultimo, quando finalmente sono andata via da casa per studiare, sentire tutte le intangibili e dannate ramanzine, i solenni suggerimenti e le sacrosante per me diaboliche e infondate paternali. Non vedevo infatti l’ora di trasferirmi e di trovarmi lontano da casa per respirare e per scrollarmi di dosso tutte quelle paturnie e tutte le scontentezze che avevo accumulato nel corso del tempo.
    
    Qualche anno addietro, prima che potessi andare via da casa per frequentare l’università, mia madre intollerante, meticolosa e severa qual era, mi stabiliva un orario di ritorno per così dire da marmocchia con ferree e inflessibili regole, perché dovevo varcare la soglia di casa al massimo alle otto di sera, perché altrimenti per me sarebbero stati grossi impicci e notevoli inconvenienti se avessi trasgredito. Mia mamma, di fatto, mi castigava aspramente e, a dispetto dei miei diciannove anni, non titubava nel pigliarmi a cinghiate oppure mi scudisciava in estate sulle gambe scoperte con la pompa dell’acqua da giardino lasciandomi i segni sui polpacci.
    
    Rammento ancora che a diciotto anni beneficiavo d’una emancipazione maggiore, mi autogestivo e saltuariamente pativo scotti o penitenze varie, dopo le cose sono radicalmente mutate e hanno intrapreso rapidamente un altro andazzo. Gradatamente io avevo iniziato a insorgere alle ...
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