Il cannone
Data: 04/01/2019,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: Tide391, Fonte: Annunci69
Dopo la battaglia di Caporetto l’esercito austro-ungarico aveva lanciato un attacco sul massiccio del Monte Grappa, che nel dicembre del 1917 aveva portato alla conquista del Col della Berretta e di alcune postazioni d’altura italiane, tra cui un presidio d’artiglieria arroccato a quasi 2000 m d’altezza sullo sperone roccioso di Mez.
Roberto, classe 1893, era un giovane soldato italiano di stanza sul fronte del Grappa ed era uno dei migliori alpinisti della IV Armata. Quando fu convocato al cospetto del Generale di Robilant sentì il sangue raggelare. L’inverno era ormai alle porte e i due eserciti si preparavano a difendere le rispettive posizioni in attesa di riprendere le ostilità in primavera. Cosa poteva volere da lui il Generale?
Messosi sull’attenti ascoltò in silenzio di Robilant: era stato scelto per una missione suicida. Avrebbe dovuto arrampicarsi fino a Mez, riconquistare il piccolo rifugio in pietra posto a presidio del cannone e mantenere la posizione fino alla primavera successiva. Roberto faticava a ordinare gerarchicamente le proprie paure tra l’arrampicata in solitaria, l’assalto al rifugio occupato dagli austriaci e il lungo inverno in un posto isolato. Ma non aveva scelta, un rifiuto sarebbe stato considerato come diserzione e avrebbe dovuto vedersela col plotone d’esecuzione come voleva la spietata disciplina militare dell’esercito regio.
Il 3 gennaio 1918 Roberto partì alla volta di Mez. Aveva con se due armi da fuoco, corde e viveri per pochi ...
... giorni. Fu costretto ad arrampicarsi di notte per non correre il rischio di essere identificato prima di giungere ai piedi dello sperone roccioso sulla cui sommità era stato costruito il rifugio in pietra e trasportato – Dio solo sa come – quel dannato cannone. La notte successiva affrontò quell’ultimo tratto di scalata e prima dell’alba stabilì un contatto visivo col rifugio. Si appostò dietro un masso a pochi metri dall’obiettivo per valutare la consistenza delle forze nemiche. Notò un uomo soltanto.
Alle prime luci dell’alba sgattaiolò verso il rifugio e irruppe all’interno, sfondando la porta con un calcio. Roberto aveva messo in conto di dover aprire il fuoco qualora si fosse trovato in inferiorità numerica. “Mani in alto!” urlò in italiano, confidando nel fatto che il messaggio sarebbe stato comunque compreso. Davanti a lui vi era un ragazzo biondo, di non più di 20 anni, intento a radersi un leggerissima barba. Roberto notò immediatamente il terrore negli occhi azzurri del giovane, che subito alzò le mani e in un italiano stentato iniziò a implorare di non sparare. “In ginocchio!” urlò Roberto.
Dopo aver perlustrato con lo sguardo l’angusto rifugio e aver escluso la presenza di altri soldati austriaci, Roberto fece rialzare il giovane ordinandogli di appoggiare le mani contro il muro. Si avvicinò al prigioniero e iniziò a perquisirlo in maniera accurata, passandogli le mani su tutto il corpo, inclusi i genitali dove gli avevano spiegato durante l’addestramento ...