1. Il telecomando


    Data: 24/11/2018, Categorie: Lesbo Autore: Blacknoble, Fonte: Annunci69

    l telecomando
    
    La stanza era molto piccola. A dire il vero, minuscola. Tre metri per due. Con un piccolo bagno affianco. Ovviamente, per ragioni di spazio, c’erano un divano letto, un televisore attaccato alla parete, una cucina piccolissima incastrata in un angolo, ed una finestra che guardava in un vicolo buio mai esposto al sole.
    
    Ero stanca. Avevo passato la notte a lavorare ed ero tornata più tardi del previsto. Lavorare… Ci ripensai un attimo e scossi la testa. Per settecento euro al mese, sei giorni a settimana, e turni che andavano dai dieci alle dodici ore.
    
    Pensai un attimo ai miei grandi progetti passati, al desiderio di andare altrove, di lasciare Napoli ed il Sud Italia abbandonati a sé stessi, un luogo dove crescere era solo un’illusione per chi come me non aveva le basi. Già, le basi. Figlia di migranti provenienti dall’Africa, col titolo di terza media in tasca, in una città dove il lavoro serve a non indebitarsi troppo quando si è nelle mie condizioni.
    
    Guardai il piede di Serena che si stava muovendo. Si stava svegliando. Sorrisi dimenticandomi per un attimo i miei problemi.
    
    Sopra il letto, c’era una foto enorme dove ci baciavamo con scritto sotto: “Esserci per amarsi”. Con i nostri nomi legati da un cuore. Marilena e Serena.
    
    Serena cacciò fuori il braccio dalle lenzuola verde acqua e successivamente anche la testa. Mi sorrise, e sentii il mio cuore sobbalzare. Le sorrisi, mi alzai, ed andai a baciarla. Mi tirò a sé e mi obbligò a stendermi ...
    ... su di lei.
    
    I nostri seni, premevano l’uno contro l’altro con dolcezza. Le nostre pelli, diverse, si mischiavano al chiaro delle lenzuola illuminate dalla fievole luce che arrivava da fuori. La baciai nel collo, e poi mi alzai a preparare il caffè. Ripromettendomi dopo di ricominciare da dove avevamo lasciato.
    
    L’odore di Serena mi seguì, attaccata alle mie narici.
    
    Ci amavamo davvero tanto, eravamo la ragione d’essere l’una per l’altra. Ripensai al percorso di entrambe con le nostre famiglie, le difficoltà legate alle nostre scelte, i problemi che ne derivavano. Serena lavorava come segretaria in un studio legale. Era stata fortunata rispetto a me. Non era laureata, ma diplomata, ed anch’essa, veniva da una famiglia molto povera. Il paradosso con la povertà, è che coloro che affligge, possiedono patrimoni di valori. E dunque, rinnegate all’inizio, c’era voluto tanto prima che fossimo accettate. Accettate poi era una parola grossa, ma l’ipocrisia delle famiglie non ha fine. Il sangue lega indubbiamente. Comunque. Feci il caffè e lo portai al letto sdraiandomi affianco a Serena. Le nostre gambe erano l’una affianco all’altra. Una nera, una bianca. Un’immagine così sensuale da distrarmi mentre Serena mi diceva qualcosa a proposito dell’affitto e di certe spese. Amavo il suo corpo. Avevo rinunciato al resto proprio per esso. Forse Serena non era bella, ma era vera. Ed in quella realtà trasparente, limpida, ero riuscita finalmente a vedere il riflesso di me stessa. Mi aveva ...
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