1. Frate martino - 2


    Data: 18/11/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: adad, Fonte: Annunci69

    La nuova vita di frate Martino non fu facile all’inizio. L’esistenza dei monaci procedeva placida e laboriosa, secondo i dettami del Fondatore: “òra et labora”, prega e lavora.
    
    Ora, per quanto riguarda il “labora”, tutto sommato non c’erano problemi: frate Martino era abituato a lavorare fin da piccolo e tutto sommato gli piaceva anche, nonostante quei vecchi marpioni dei monaci scaricassero sui novizi i lavori più pesanti: zappare l’orto, pulire le latrine, svuotare i pozzi neri e via discorrendo.
    
    Ma quanto all’ “òra”… tutte quelle interminabili preghiere, i canti, i capitoli… e svegliarsi tutte le notti sul più bello del sonno e dei sogni, per andare in processione nella Cappella, a cantare e pregare, con gli occhi che gli si chiudevano dal sonno, e non riusciva a stare né in piedi né seduto… E non facevi in tempo a riaddormentarti, che dovevi svegliarti di nuovo… e la compieta e le laudi e il matuttino… Ma che se ne faceva San Calidone di tutte quelle preghiere? Non si era stufato di sentire quelle lagne tutti i giorni e tante volte al giorno?
    
    In compenso, però, la scodella era sempre piena ad ogni pasto, anche se si svuotava sempre troppo in fretta e di rado riusciva a farsela riempire di nuovo, di nascosto, dall’aiutante del frate cuciniere. Eh sì, perché il frate cuciniere, fra’ Gesualdo, per quanto gioviale all’aspetto, grasso e rubicondo, non ti mollava neanche una briciola, in aggiunta alla razione, per quante moine gli si potessero fare; mentre il suo ...
    ... aiutante, frate Marcello, che essendo giovane pure lui sapeva bene con quanta velocità lavorasse lo stomaco di un ragazzo, non mancava di allungare ogni tanto di nascosto una fetta di pane o mezzo mestolo di minestra in più, appena ne aveva la possibilità.
    
    Ma quello che pesava veramente al novello fra’ Martino era la mancanza dei giochini con Wolfango e il maestro di stalla nel fienile. Si fa presto a dire castità, ma come si fa a essere casti a sedici anni, quando l’uccello scalpita nella braghetta e basta il titillare di una pulce a fartelo drizzare?
    
    Nel monastero, a dire il vero, di pulci ce n’erano parecchie, ma non era certo colpa loro se il cazzo di fra’ Martino conosceva ben pochi momenti di riposo, nella sua insopprimibile propensione a drizzarsi alla minima provocazione. E le provocazioni non mancavano, a cominciare dai ricordi ancora vividi che popolavano le sue notti, che stimolavano i suoi sogni “bagnati”. Ma tutto lì: il culetto vellutato di Wolfango era ormai lontano da lui le mille miglia. Chissà come era finita… chissà se aveva trovato qualcun altro con cui giocare nel fienile… e chissà che fine aveva fatto il fascinoso maestro di stalla: chiuso nel monastero, gli sembrava di vivere in tutt’altra dimensione e certe volte si chiedeva se quelle cose erano successe veramente, tanto erano remote, ovattate in una realtà puramente fantastica.
    
    Epperò, rimaneva sempre il problema del capitone perennemente sul chi vive, problema che tentava di risolvere alla meglio ...
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