1. Godere nella vergogna x


    Data: 07/11/2018, Categorie: Etero Autore: sesamoandmia, Fonte: Annunci69

    MIA
    
    Ero arrabbiata, seccata, impaurita, piena di vergogna, persino eccitata e non so quale di questi sentimenti o sensazioni avessero il sopravvento in me in quel momento.
    
    Dietro l’angolo fui presa da quel pianto che avevo cercato di trattenere fin da quando fuggii via dall’albergo. Mi appoggiai al muro del palazzo subito dopo l’angolo, dove la luce dei lampioni non arrivava e piansi, piansi tantissimo, persino con forti singhiozzi. Ma quello che mi meravigliò fin dall’inizio non fu che io piangevo per quello che mi era successo, piangevo perché ormai non mi riconoscevo più, non ero più io ma … ma … una prostituta che era stata con un cliente in un albergo di lusso o peggio ancora una puttana, come mi diceva Gaston e come aveva sottinteso il portiere dell’albergo.
    
    Già, il portiere: che vergogna! Ero arrivata persino a mostrarmi nuda a lui, ero arrivata al punto di aver ubbidito a una richiesta anche sottintesa. Non me lo aveva chiesto, ma mi aveva appena sfiorata e io mi ero spogliata persino spontaneamente. Ma cosa mi era successo, dove volevo arrivare e fin dove mi sarei potuta spingere?
    
    Mentre piangevo mi rivedevo mentre passeggiavo in quel viale, in quel parco dove addirittura avevo masturbato quattro sconosciuti che avevano addirittura goduto sul mio corpo. E mi ero spogliata persino subito davanti al portiere!
    
    Ma come mi stavo comportando,mi chiesi chi fossi veramente? La seria e irreprensibile professoressa in Italia oppure la laida e volgare puttana ...
    ... (ormai era chiaro che questo termine mi calzava a pennello) che passeggiava nelle strade più malfamate di Parigi?
    
    Questo turbinio di pensieri mi prese mentre mi allontanavo dall’angolo della strada guadagnando sempre più il buio del vicolo.
    
    Perché lo avevo fatto? Perché non mi sono ribellata? Perché … perché?
    
    La risposta non poteva che essere una sola: perché mi piaceva, perché nel mio subconscio era quello che desideravo.
    
    Eppure la vergogna era forte, inesorabile, distruttiva.
    
    Ma anche quella era piacevole.
    
    Presa da questi pensieri passeggiavo nervosamente lungo quella strada semibuia e desolatamente solitaria guardando spesso in direzione dell’angolo della strada da dove speravo di scorgere finalmente mio marito.
    
    Ma quanto tempo ci stava mettendo? Non avevo con me né cellulare né orologio e mi sembrava di aspettare da secoli. Lo immaginavo aprire il guardaroba e prendere un vestito serio (ma nel guardaroba tutti i miei vestiti sono seri), quindi scendere e correre per raggiungermi. Ma non arrivava, non c’era nessun segno della sua presenza in lontananza.
    
    Ogni tanto una macchina passava illuminandomi e passando oltre. Le case vicine non mi offrivano nessun rifugio momentaneo e io ero costretta a mostrarmi a quei fari così laidamente vestita, passeggiando in una strada buia e solitaria.
    
    Ma allora ero davvero una puttana?
    
    Ero arrivata quasi all’angolo della strada in fondo che mi sembrava piena di gente. Impaurita e sconsolata ritornai sui miei passi ...
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