Intimità 6
Data: 30/10/2018,
Categorie:
Etero
Autore: Bollentispiriti, Fonte: RaccontiMilu
Non finì lì!
Nanà, dopo quell’esperienza, avrebbe ricordato per sempre, con piacere e con nostalgia, il pene di Giangi. Enorme, nelle sue mani, riprendeva vigore. Come un cobra rizzava la testa, gonfiando il cappuccio; diventava un salsicciotto appetitoso, tanto che lei non poté fare a meno di avvertire gli stimoli che non erano proprio della fame; lo ingoiò tutto d’un solo colpo. Sentiva ancora, a distanza di tempo, la consistenza del simil-insaccato riempirle la bocca, con sua crescente soddisfazione.
Aumentava di volume, come se volesse scoppiare. Ma, prima che assumesse dimensioni imprevedibili, lei lo ingoiava, iniziando a imprimergli il movimento a stantuffo. Le dava un senso di nausea, di rigetto, ma lo vinceva ogni volta e andava avanti, in attesa che le riempisse la bocca di quel liquido vischioso, acidulo, ma con un certo grado zuccherino che addolciva il palato, contrastando con il caratteristico odore che tendeva all’amuchina, tuttavia meno intenso.
In quella prima esperienza, le mascelle dilatate le dolsero, ma continuò stoicamente. L’agitò tanto fino al punto che un violento getto le tolse il respiro. Annaspò. Tentò di tirarlo fuori dalla bocca, ma non poteva per l’irruenza che lui imprimeva all’attrezzo. Era come se un gigante le tenesse ferma la testa, impedendole qualsiasi possibilità di fuga. Mentre la irrorava, le urlava qualcosa che la concitazione del momento non le consentiva di capire.
Un torrente tumultuoso si riversò nella gola, seguito ...
... dallo stomacante sapore acido che le dava l’urto del vomito ogni volta che cercava d’inspirare col naso. Tossì nonostante l’ingombro; lo stomaco le si rivoltava contro; annaspava. Ma lui non cedeva e la costringeva alla incomoda posizione, muovendosi sempre più rapidamente nel suo andirivieni che, le sembrò, durasse da ore. Tossendo e sospinta dai conati di vomito che le rivoltavano lo stomaco, si rese conto che la stava affogando, mentre lacrime involontarie le solcavano le guance. Atterrita si agitò freneticamente in cerca di aria. Quei lunghi istanti di disperazione si interruppero di colpo. Non ebbe più contezza di nulla.
Giangi ricordava solo di avere provato la sensazione che una sega elettrica gli stesse affettando il cazzo e aveva urlato di dolore, ma, soprattutto, di piacere, mentre spargeva il seme tutto intorno, come fosse il sangue delle sue vene. Cercava, allo stesso tempo, di contenere la ferita comprimendola con qualcosa che aveva sotto mano e che era la bocca che conteneva il suo membro assatanato dal piacere. Avvertiva solo “quel piacere”, in un crescendo che vinceva la paura di restare dissanguato in un masochistico disegno edonistico.
S’era svegliato col cazzo che sporgeva dalla bocca di lei. Nanà era esanime, sigillata al ventre di Giangi. Le estrasse la verga dalla bocca. Le dette degli schiaffi sulle guance per farla riavere, ma senza effetto. La rivoltò, le applicò le labbra su quelle di lei e, al colmo della disperazione, le praticò la respirazione ...