1. 015 il gran sogno della vita


    Data: 05/09/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    ... fuori dagli zaini.
    
    Dopo la sbranata di cazzi di poco prima, potevo beneficiare di qualche ora di autonomia dalla dipendenza dalla minchia, almeno fino a mezzogiorno, e quindi salire per condomini con le signore, scardinare porte e svaligiare case in tutta serenità d’animo. Queste nuove attitudini erano per me magisteri poco gravosi che potevano compiersi con un certo agio senza una qual si voglia vago desiderio di cazzo.
    
    Poi con le "ragazze" - cosi appellavo le mie colleghe - si andava a fare un po’ di "spesa" al minimarket, aprendo confezioni di patatine, di sneak, di arachidi e wurstel, correndo poi via da lì inseguiti puntualmente da uno zelante cassiere, da un attento direttore o da qualche sollecito addetto della sicurezza.
    
    Al parco si gozzovigliava con agio, e a me piaceva molto stare seduto sul prato con le mie colleghe a riordinare la gioielleria trafugata e portafogli di sorta.
    
    Si che dopo il pranzo, ecco che mi si ottundeva la cognizione, mi si obnubilava lo stato di coscienza e tornava prepotente la voglia di cazzo.
    
    Chi come me soffre di una insana dipendenza e patisce dell’ astinenza dalla minchia, saprà benissimo quanto sia debilitante condurre una esistenza normale quando sopraggiunge la voglia i cazzo. Ti senti il buco del culo vuoto, ti sale l’acquolina, inizi a fissarti con qualunque cosa minimamente oblunga che vedi per strada. Può bastare un dito a lenire per un po’ la desiderata, ma il tuo corpo urla la carne.
    
    Per mia fortuna c’era ...
    ... Adelina, la maggiore delle donne che sapeva cosa fare.
    
    Si accorgeva per tempo della crisi in arrivo, allora mi faceva posare tra le sue gambe, con il culo all’aria come pronto ad una sculacciata. Ma non mi sculacciava. Semplicemente mi svestiva dalle brache aiutata dalle altre donne, mi levava la mutandina, intingeva le dita nell’ olio di tonno in scatola “acquistata” al market, e mi massaggiava il deretano gonfiandomelo a tal punto da far del mio culo, il culo di babbuino. Ergo estraeva dalla borsa una carota o zucchino o cetriolo “comperato” al market, e mi pugnalava la trippa come una assassina tappandomi peraltro la bocca perché non strillassi assai.
    
    Le altre colleghe mi irridevano coi loro denti dorati, ed io stretto alle vesti sudice di Adelina guadavo loro con le sopracciglia pateticamente all’ingiù, un sorriso ebete e con le lacrime agli occhi, come se cacassi in loro presenza.
    
    Poi si buttava lo zucchino nella finestra aperta del piano terreno di qualche villetta li attorno, ed io correvo svitata per farmi una affascinante lavata di culo alla fontanella.
    
    La liberta non ha prezzo.
    
    Poi si rientrava al campo e puntualmente assistevo alla lite tra donne per la spartizione del bottino, poiché come è noto, nella società degli zingari la più laboriosa del campo ha una posizione più meritevole nella comunità e gode della stima del suo uomo.
    
    Io invece mi denudavo - come da consuetudine - mi rimettevo il guinzaglio di corda, e attendevo il rientro del mio ragazzo ...
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