1. 015 il gran sogno della vita


    Data: 05/09/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    ... alla porta, ma altro strattone energetico ed ero ingoiato nella tana semichiusa e buia di un vespasiano maleodorante.
    
    Un dito non cessava di stantuffarmi il deretano e a ferirmi dentro a causa di lunghe unghie, tipiche di molti anziani in pensione. Poi finivo in terra, io miseranda giacevo sbranata sulla turca strisciata, e ricordo che alcuni mi sollevavano le caviglie per lasciare che a turno mi ficcassero. La vista mi si chiudeva tutta, l’ammasso dei corpi mi sovrastava, il buio si infittiva di sudori, e lingue, e aliti malsani. Un buio di affannosa letizia per me, lacerato solo dal biancheggiare dei loro capelli radi di capi piegati sulle mie tette.
    
    Era magnifico lasciarsi inzaccherare dagli spermi e dalle lingue vischiose.
    
    Di tanto in tanto, ritorto sulla mia turca, alzavo lo sguardo nel mio stare disteso di schiena sul sanitario così, a cosce alzate, e sospiravo ad occhi socchiusi con sguardo volitivo dapprima assente. Poi, sbattuto da quegli uomini già stanchi, sorridevo al mondo, a rimirar estasiato le indecenti scritte sui muri e degnavo del mio sguardo lirico l’ emiciclo geriatrico ancora in attesa del turno dietro la porta del mio fetido vespasiano.
    
    E dietro l’ammasso dei vecchi intravvedevo poi i giovani, che facevano capolino curiosi com’erano in una fremente attesa. Ma il branco ha le sue leggi. Morde per primo il vertice esperto del gruppo e solo quando essi saranno sazi, gli avanzi della carcassa deprivata dal vello verranno succhiati e spartiti ...
    ... dai giovani esemplari.
    
    E’ legge di natura. E io era una paperella stuprata in un cesso.
    
    È inutile raccontate del mio delirio. Io è come se perdessi via via cognizione di esistere. Naufragavo nel fondo della mia turca strisciata e nei vapori aurei di cesso, e di fiato pesante, e di fognari aromi. Io mi sublimavo. Io uscivo dalla mia corporeità sbattuto di retto da turni sbrigativi, per poi avvilupparmi nei piaceri delle mie stesse trippe.
    
    Persi contatto col mondo reale da dimenticarmi di tutto quel puzzo, del treno in arrivo, dal fremito dei ingordi, e vorticavo nell’ aria assurgendo al divino seguito dalle loro lingue, come madonna celeste ascendevo ai cieli dei piaceri come seguita dagli angeli.
    
    Sbattuta di retto dolcemente naufragavo, si, mi abbandonavo nello snervato mio provar la cacarella, esperienza sublime che sovente prelude ai potenti orgasmi della prostata.
    
    Sì che in quegli istanti mi balenò un pensiero sinistro. Mi soffermai a riflettere mentre negli sfinteri trattenevo la mazza semi molle di un obeso gentiluomo e assai ansimante a cui sudava la fronte.
    
    Non ci feci molto caso al gentile signore che a fatica mi chiavava a femmina. E neppure feci troppo caso a quell’altro signore che trattenendomi in aria una caviglia per favorire il collega mi torceva di troppo il piede. Il pensiero adombrò il mio piacere fognario.
    
    L’amore. Ero davvero alla fine delle mie pene? Perché allora giacevo nel puzzo balordo sotto un ammasso di vecchi bavosi? Non ero ...
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