1. 015 il gran sogno della vita


    Data: 05/09/2018, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    ... conquistarmi i favori della comunità e del mio ragazzo, volevo che si parlasse un gran bene di me. Si chiama intelligence. Senza intelligence Mata Hary non avrebbe superato l’esame della storia.
    
    Dovevo giocare d’astuzia.
    
    E il mio fidanzato? Il mio fidanzato appariva a tarda serata. Io mio fidanzato mostrava solo apparentemente di non essere geloso di me e delle mie pratiche collettive, poiché quando sedeva in branco lui mi ignorava. Forse perché si sentiva un po’ in imbarazzo a mostrarsi sentimentale in quelle circostanze, al culmine delle quali mi ritrovavo una fiatella di vodka, di minchie e di sborri.
    
    Poi però giungeva il nostro momento. Si alzava, buttava nel fuoco la cicca di sigaretta, afferrava la cima che mi cingeva il collo e mi portava via dalla baldoria, non senza me che mi girassi agli uomini già sbocchinati per fare un salutino gentile con la manina a mignolino.
    
    Che fastidio questo Ringo che mi seguiva con il pallino di leccarmi il culo, ma per fortuna il mio fidanzato gli tirava due calci che la bestia capiva che doveva lasciarci soli. Avevamo bisogno della nostra intimità.
    
    Si scendeva dunque l’argine del fiume e in quel luogo, pieno di zoccole grosse come pantegane, mi veniva sottoposto il suo menu del cazzo.
    
    Come antipasto una bella pisciata in gola piena di schiuma che deglutivo di fretta perché la piscia era tanta. Ma la piscia aveva lo scopo di sciacquare il cesso e il sifone della mia bocca dai rimasugli di sperma versata da ...
    ... terzi.
    
    Cosa vuoi, era un igienista.
    
    Dopo l'antipasto, a seguire un trancio di minchia con vellutata di formaggio ed un rivolo di sputo alla vodka e tabacco. Ergo un soffocone tra le zoccole di cloaca e un dessert finale di sborro digestivo.
    
    Dimostravo il mio gradimento con rutti feroci, che il mio fidanzato premiava con ineccepibile sorriso. L’apparente volgarità dei miei rutti era un invito a lasciarsi andare. Con me poteva essere lecito tutto visto che solo all’uomo amato io di me concedevo tutto, e glie lo facevo capire così, restando in ginocchio.
    
    Lui intendeva perfettamente i miei propositi perché nessuno come gli amanti conosce a fondo il lessico dell’amore. In risposta al mio invito di lasciarsi andare, mi rallegrava dunque con scurrili scorreggioni sulla faccia. E guai a levar via la faccia.
    
    Se poco poco facevo la disgustata, lui mi menava una bella sberla da finire per terra stecchita, poi si acquattava a squat e mi sterminava con spruzzi d’aria da incendiarmi tutta quanta.
    
    Uomini cosi non ne trovi più.
    
    Con un calcio affettuoso mi rovesciava infine nel fiume e tutte le zoccole che scappavano.
    
    Per far capire che tra me e lui il futuro sarebbe stato sereno e divertente, io starnazzavo nel buio facendo "coccodè'" non sapendo esprimere con esattezza il verso della paperella.
    
    Egli rideva. Poi tirava la cima e mi strattonava via con somma decisine.
    
    Amo l’uomo deciso. Detesto quei finti decisi attivi che nella vita di coppia si ammosciano nel languore ...