1. Danilo e federico - parte i: il serpente che si morde la coda (8)


    Data: 11/04/2024, Categorie: Gay / Bisex Autore: vgvg91, Fonte: Annunci69

    ... di saluto, finché non svoltò a destra. Fece ricadere la mano lungo il fianco, indugiò ancora per qualche secondo con lo sguardo fisso in quella direzione e poi rientrò in casa.
    
    Le mie gambe cominciarono a protestare a causa della posizione innaturale che avevo assunto, ma la loro fu una richiesta sorda alla mia mente, che galoppava.
    
    Il mio umore cambiò nel giro di pochi istanti, passando dall’ansia di essere scoperto, ad un vago senso di tristezza, per poi rompere gli argini e sfociare in una rabbia cieca.
    
    Non repressi i miei sentimenti: ero furioso. Le ultime parole dell’uomo che fino a pochi istanti prima era davanti ai miei occhi rimbombavano nelle mie orecchie: “dammi tempo”.
    
    Certo, il tempo gli era servito per fregarsene e continuare la felice storia d’amore con la sua ragazza, senza degnarsi di rivolgermi un solo pensiero, di darmi quel briciolo di considerazione che credevo, in fondo, di meritare. Non pretendevo nulla di più, alla fine avevo accettato di essere stato soltanto una breve meteora nella sua vita, un’eccitante avventura come diversivo dall’asfissiante routine. Così presi la mia decisione: erano passati quasi due mesi, aveva avuto tempo a sufficienza.
    
    Percorsi a grandi falcate la strada, finché non mi ritrovai di fronte al portone d’ingresso. In quell’istante, la serratura scattò e un uomo vi uscì di fretta, senza badare troppo a me. Per non dare troppo nell’occhio, mi infilai rapidamente nel portone prima che potesse richiudersi.
    
    Superai ...
    ... il gabbiotto del custode di corsa, presi l’ascensore e, nonostante il frastuono metallico dovuto all’ascesa, potevo udire distintamente il cuore che mi batteva all’impazzata nel petto e in gola. Le porte scorrevoli si aprirono e mi recai senza esitare verso l’interno C2. Posai il dito sul pulsante del campanello e pigiai. Lo tenni a lungo premuto, noncurante di procurare enorme fastidio: questa era soltanto la prima valvola di sfogo.
    
    La porta si aprì: «Non mi dire che hai dimentica…» la voce dell’uomo gli si strozzò in gola, come notai con una punta di soddisfazione, ma il mio sguardo rimase glaciale.
    
    «Oh». Non aggiunse altro. Io, da parte mia, non mossi un muscolo, nonostante apprezzai il suo fisico statuario. Era a petto nudo. Non sapevo se risultassi minaccioso di fronte a quella montagna umana o soltanto ridicolo, ma non cedetti di un passo.
    
    «Che ci fai qui?» mi chiese alla fine lui.
    
    «Bel coraggio» risposi io ostentando una calma innaturale, sebbene dentro di me infuriasse una guerra in tumulto.
    
    Danilo sospirò: «D’accordo, entra» e si fece da parte.
    
    Superai l’ingresso senza degnarlo di uno sguardo e mi voltai verso di lui, mentre richiudeva la porta.
    
    «Che ci fai qui?» ripeté, squadrandomi da capo a piedi.
    
    «“Dammi tempo”» recitai io, scandendo le parole.
    
    Danilo si passò una mano fra i capelli, flettendo i muscoli del braccio. «Ok, ascolta. Posso spiegare» provò a dire lui, ma al suono di quelle parole, il mio coperchio esplose.
    
    «Non me ne frega ...
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