I colori del piacere
Data: 26/10/2023,
Categorie:
Etero
Autore: Blacknoble, Fonte: Annunci69
La mia mano seguiva la curva della sua schiena arrivando fino alle caviglie. Per poi ritornare su, fino all’attaccatura dei capelli. Era una mano leggera, malgrado la mole. Voleva raccogliere, abbeverarsi di quel piacere che era a fior di pelle, senza fretta, con la delicatezza che si addice alla bellezza.
Lei era stesa sulla pancia. Le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sembrava persa, alla deriva, ma non lo era. Era presente, benché altrove, in un luogo dove le sensazioni penetrano l’anima, entrano nel cuore, sconvolgono lo spirito. Guardavo le sue natiche. Trasalenti quando le mie dita sfioravano la curva della sua schiena o l’incavo delle sue gambe. Non avevamo fretta. Il piacere non è un dovere, non ha scadenza.
Le lenzuola erano bianche, cosi bianche che persino il suo pallido corpo ci si stagliava contro lasciando emergere la sensualità delle sue forme. L’eccitazione saliva dentro di me senza limiti. La vista e il tatto, alleati, sortivano in me la sensazione agognata da ogni forma di vita: il desiderio.
La volevo. Lei altrettanto. E quella tensione reciproca alleggiava nell’aria della stanza troppo grande per i nostri corpi, ma esigua per i nostri desideri. In quel vagone della metro in cui ci eravamo conosciuti, c’era tanta gente, ma non c’era nessuno.
Fu quasi imbarazzante; noi due, occhi negli occhi, fissi in una bolla che si era creata dal nulla, alimentata da un leggero tocco, esasperata dal sorriso che eravamo scambiati. Non c’era ragione, eravamo ...
... la ragione dei sensi. Ci guardammo e ci comprendemmo. Non era amore. Non era sesso. Era nesso. I suoi capelli corvini le scendevano fino al sedere. Contrastavano con il suo viso bianco. Era truccata. Notai quei dettagli mentre mi accorsi che anche lei mi squadrava dalla testa ai piedi. In un moto involontario, alzai la testa e gonfiai il petto. Come fanno i pavoni con le loro femmine, volevo sfoggiare il meglio di me. Per lei. Pur senza conoscerla.
Ci dividevano tante persone. Ma i nostri occhi non si perdevano mai, anche attraverso i corpi. Durò tre fermate. Lei scese, anch’io. Non era la mia fermata, ma lo era diventata. Scese, ed io con lei.
Non fui io a seguirla. Nemmeno lei me. Ci avviammo insieme. Senza alcun destinazione. Niente ci separava più. Al primo bar, senza parlare, entrammo assieme, ed io ordinai due caffè.
Ci conoscemmo così. Nell’intimità delle nostre anime. In mezzo ad una bolgia, dove eravamo soli: lei ed io.
Ripensavo a tutto questo, mentre il mio desiderio, oltre che il mio pene, crescevano a dismisura occupando tutti gli anfratti del mio cervello. Guardavo la mia mano su di lei. Una mano nera che solcava i confini altrui, scavalcava la frontiera del perbenismo, andava oltre ai valori, annullava le differenze. Mi chinai su di lei portando la mia bocca vicino alla sua schiena. E con la lingua, seguii la linea della sua spina dorsale. Lei rabbrividiva e il mio pene sussultava. La volevo. E il rivolo lucente che scintillava tra le sue cosce mi ...