1. Il territorio del sogno


    Data: 03/08/2023, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... giungla, aggirando ostacoli e rampicanti o scostandoli quando potevo. Sentivo di essere vicino. Poi li vedemmo. Corpi. Parevano i resti di una battaglia ma non lo erano, lo capii dagli sguardi stupiti di chi non si aspettava la morte. Erano in venticinque, membri dell’esercito regolare del Nord Vietnam a giudicare dalle divise, morti da almeno qualche settimana, putridi e graveolenti. Attraversammo la distesa di corpi con rapidità dettata dal disgusto e dall’orrore. Ma avevo già visto spettacoli simili durante la guerra, non mi spaventavano né tantomeno spaventarono il mio taciturno compagno. Superato quel pianoro c’immergemmo nuovamente nella giungla e fu allora che lo sentì. Un canto. Lontano ma abbastanza armonioso da poter essere quello che avevo sentito anche nel sogno. Sorrisi. Non condivisi la gioia della mia scoperta con il mio compagno ma procedemmo all’erta lungo la giungla. Poi tutto accadde in un lampo. Un ruggito, e una tigre balzò fuori dalla vegetazione sul bodyguard. Il vietnamita sparò ma, preso dal panico, mancò il felino che invece lo azzannò alla gola aprendogli il collo. Io afferrai il revolver. Me l’ero portato come difesa personale, e mi era stato offerto da Minh come ultima risorsa. Sparai due colpi, abbattendo la tigre. Per salvare il bodyguard era comunque tardi: la tigre gli aveva aperto il collo. Era letteralmente soffocato col suo stesso sangue. Una morte orribile per un uomo che non la meritava. Mi chinai a chiudere gli occhi del morto ...
    ... pensando che avrei dovuto dare spiegazioni a Minh, se fossi riuscito a tornare al villaggio dei Nung. E che avrei dovuto anche sbrigarmi a tornare. Perché era evidente che la mia ricerca si era conclusa. Se Minh avrebbe potuto persino farsi persuadere a continuare, era sicuro che dopo la morte del bodyguard, avrebbe sicuramente deciso di tornare a Ho Chi Minh, per ignorare beatamente la possibilità di quella scoperta. Non ero grato di essere vivo, ero rassegnato. Raccolsi l’SKS del morto. Poteva sempre essere utile, se altri predatori avessero voluto farsi vivi. Un fruscio mi fece capire che “se” non era la particella più indicata. Mi girai di scatto l’arma puntata davanti a me, pronto al fuoco. Trovandomi davanti una giovane. Capelli scuri lunghi sino alle reni. Seni pronunciati, più di quanto sia lecito aspettarsi per la media vietnamita e gli occhi… bicolori. Come nel mio sogno. Era lei. La guardai. Era vestita con una sorta di sarong tradizionale. Ma andava bene: notai dei tatuaggi, scritte incomprensibili lungo la sua mano destra che salivano verso il polso e oltre. Era lei, senza dubbio. Sorrisi e anche lei sorrise di rimando. -Ti cercavo.-, dissi in vietnamita. Lei sorrise di nuovo. -Ti aspettavo.-, disse in perfetto inglese. Mi sorpresi. -Parli la mia lingua?-, chiesi. Lei annuì. -Il mio nome è May Lyn. Sono l’ultima della mia gente. Gli altri sono morti. Aiutami…-, era una preghiera, disperata, in ottimo inglese e accorata, ma mi parve quasi un ordine. -Come sono morti?-, ...
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