1. Factory Slut Capitolo 3


    Data: 24/07/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: Koss, Fonte: EroticiRacconti

    Puzzava di vodka e di sudore, di piscio e di vomito. Era stesa per terra, in un giaciglio di paglia e sentiva freddo, tanto freddo, era nuda, ma rannicchiata sotto una pesante pelliccia. Quella celletta, con una luce fioca, non più grande di quattro metri quadrati era ben riscaldata e lei da mesi non dormiva in un posto riparato e caldo, sentiva freddo perché il freddo gli era penetrato nelle ossa ormai da molto tempo.
    
    L’avevano pescata in un vicolo di Mosca, quando stava per morire assiderata. Era ubriaca ed incosciente, le temperature si aggiravano intorno a meno venti.
    
    A tratti sudava e l’alcool che aveva in corpo evaporava, a tratti tremava di freddo ed il sudore si congelava sulla sua pelle. Nell’angolo c’era un secchio maleodorante, era pieno di piscio e di altro. Non ricordava di averlo usato, non ricordava niente, ma si accovacciò sopra ed emise un getto puzzolente di urina giallastra.
    
    Si raggomitolò sotto le coperte e si riaddormentò. I suoi erano incubi, ma a tratti erano sogni meravigliosi. Sognava di qualche tempo prima, di quando stava per diventare una campionessa olimpica di fondo. Era nata per correre, glielo dicevano tutti.
    
    Per una ragazza della sua generazione non era moto alta, centosettanta centimetri, i capelli neri e gli occhi blu cobalto, nordici, profondi, un fisico atletico, longilinea e magra, cosce lunghe, nervose, seno piccolo, efebico, ma sodo, pieno, piacevole. Era bella in viso ed aveva un corpo desiderabile. Un fisico, per essere ...
    ... un’atleta, minuto e attraente. Era una fondista.
    
    Poi aveva avuto quello stupido incidente in moto, una cosa da niente, ma le olimpiadi erano saltate e la sua discesa, rapida e infernale, era iniziata. Droghe ed alcool, poi la rottura con il suo fidanzato e una girandola di amanti che l’avevano usata come volevano, dandole quello che cercava: droga ed alcool. E ancora più giù, verso il fondo, il degrado. Era diventata una barbona, una senzatetto, nessuno l’aveva potuta salvare da quella discesa agli inferi. Ci avevano provato in tanti, perché ce ne erano che le volevano bene e che a lei ci tenevano, ma non ci fu nulla da fare. Lei precipitava e scappava da tutti, fino a quando non scomparve dagli occhi di chi poteva aiutarla nascondendosi in quartieri sempre più fatiscenti. In meno di un anno era diventata un relitto che nessuno cercava più. Era diventata meno di una puttana, una troia che chiunque poteva avere per qualche rublo, un panino o una dose, o una bottiglia. Era ancora viva per miracolo, l’avevano usata in tutti i modi e l’avevano torturata per divertimento.
    
    Quella notte, in quel vicolo, sarebbe morta assiderata, ma qualcuno, che sapeva chi era, l’aveva presa e l’aveva portata in quel luogo. Dove si trovava? Ritornò a dormire, ora tremava di freddo.
    
    Qualcuno entrò, ma lei se ne rese vagamente conto. Le fece una puntura e ritirò il bugliolo. Irina mormorò qualcosa, ma era incomprensibile e comunque nessuno le rispose.
    
    Non lo sapeva, ma si trovava a più di ...
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