1. Blade: nel Bayou


    Data: 24/07/2018, Categorie: Etero Autore: Rebis, Fonte: RaccontiMilu

    ... peggio che l’interno. Se c’era un condizionatore dentro doveva fare veramente poco rumore, visto che non l’avevo sentito. Più probabile che non ci fosse, ma stranamente, il caldo era comunque atroce, all’esterno più che all’interno. Bighellonai per il villaggio. Cercai di fare mente locale. “Quell’Ojambe si nasconde qui in giro.”, pensai, “Forse lontano dal villaggio. Ma non esageratamente.”. Ovvio. Le provviste per lui sarebbero state un problema. Posto che ne avesse bisogno. Oltrepassai il porticciolo, camminando sulle assi. Raggiunsi un altro punto: una sorta di isolotto alla deriva tra le paludi. Bellissimo, se non fosse stato pieno di insetti. E lo vidi. Una sagoma in movimento. Un essere che pareva fatto di melma palustre. Lontano, procedeva a passo lento. Cercai di raggiungerlo, attraversando la palude a piedi e affondando sino a mezza gamba. Lui intanto arrivò ad un cumulo di vegetazione e parve svanire dietro di esso. Raggiunsi l’altra riva. Avanzai di altri sei passi. Cercai e trovai il cumolo. Il cuore batteva forte. Adrenalina, buona vecchia adrenalina. Girai attorno all’ostacolo. Niente. Sparito. Come se la palude l’avesse mangiato. Incerto,cercai sul posto. Non torvando niente, avanzai ancora, oltre linee d’alberi, cercando di evitare gli insetti e i predatori locali. C’era odore di putridume, di decomposizione, ma non di cadaveri. Di vegetazione. -Che posto…-, sussurrai. E non avevo neanche un’arma. Sentì un ramo rompersi. Mi voltai. L’uomo che avevo davanti ...
    ... era un creolo, la carnagione bruna, i capelli riuniti in dreadlocks e la canotta sporca e lisa che indossava lo facevano sembrare lo scampato a qualche catastrofe apocalittica. Ma la doppietta che impugnava, mal ridotta ma sicuramente carica, lo rendeva meno risibile. Lo guardai. Era a sette metri di distanza, l’arma puntata alla mia testa. -Guarda guarda…-, disse con un sorriso che rivelò denti mal messi e capsule sostitutive di bassa lega. -Già. Metti via il ferro, per favore.-, dissi io. -No, no, uomo. Qui sei nel mio territorio.-, disse lui. La dopietta era ancora puntata alla mia testa. -Il territorio di chi?-, chiesi io. Non sentivo neanche il caldo: tutti i sensi erano focalizzati sul presente. -Il mio. Ora, sei pregato di girare i tacchi e tornare da dove sei venuto. Non vogliamo stranieri qui.-, rispose lui, la rabbia nel tono. Io sorrisi, affabile. -D’accordo. Ma prima… sapresti dove posso trovare un uomo di nome Ojambe?-, chiesi. -Vattene via!-, ringhiò lui. Sparò un colpo a vuoto, per dimostrare che era serio. Mi allontanai, mani alzate e con calma. Si era innervosito non poco l’amico…
    
    Tornai all’hotel di pessimo umore. Era quasi sera e tutto quello che avevo scoperto era che i locali non parevano molto accomodanti, e che Ojambe pareva avere una pessima nomea. Il mio incarico non procedeva bene. Peggio ancora: non avevo modo di contattare Zhara. Jeanie, la bella nera che mi aveva accolto mi sorrise vedendomi arrivare. Aveva si e no ventisei anni. Giovane. E ...
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