Una prima volta
Data: 15/01/2023,
Categorie:
Etero
Autore: quiora, Fonte: Annunci69
1. L’arrivo
“Ti devo confessare che ho una gran paura delle reception.”
"Non preoccuparti. Entro, prendo la camera e ti mando il numero; tu vai dritta all'ascensore senza fermarti al bureau".
“Vorrei una doppia.”
“Si ferma solo stanotte, signore?”
“Solo qualche ora.”
“Ah. Le posso dare una superior allo stesso prezzo della normale, ce l’ho. Non fumatori?”
“Si”.
Nel lungo corridoio, il carrello delle pulizie, proprio davanti alla 424. Scavalco l’aspirapolvere, “scusa, sig-n-ore”, e mi aiuta con la card magnetica, la lascio fare.
Mi chiudo la porta alle spalle, impaziente di comunicarti che ce l’ho fatta, ho conquistato il nido. "424 quarto piano, ti aspetto" "Arrivo ciao". Come, ciao?
Devo abituarmi all’ambiente in fretta, devo sentirmi padrone del campo. La stanza è lunga e spaziosa, arredamento funzionalista, colori forti in tinta unita. Dove stare? il divanetto vicino alla finestra, posizione ottima per controllare l’entrata. Lascio la porta accostata, mi siedo. Cerco di rilassarmi inseguendo il significato del quadro astratto che ho di fronte. Nel silenzio rotto solo dal ronzio dell’aspirapolvere nel corridoio, qualche auto lontana, mi sembra di sentire il fluire del sangue, il pulsare delle tempie. Passano minuti eternamente lunghi, e il dubbio mi rode, si insinua in testa. Ci hai ripensato, sei fuggita.
Quando il dubbio si è ormai fatto certezza, arrivi. E mi cogli di sorpresa, di spalle, mentre sto curiosando la tisaniera.
“Ti ...
... pensavo scappata..”
"Ma va’....ti sarebbe stato bene, allora.”
Sembri sicura, sui tacchi che ti slanciano, e ti protendi verso di me, ancora impacciato. Due baci sulle guance, il secondo mi sfiora l’angolo delle labbra. Sento un brivido sottile percorrermi la schiena, la gola asciutta. Mi avvio al divanetto, ci lasci cader sopra il soprabito, la giacca, resti in camicetta aderente sopra la gonna un po’ mini. Ci sediamo accanto, la conversazione stenta, ci toglie d’imbarazzo la tisaniera. Due nescafè, e con la tazza calda un po’ ci sciogliamo. Con noncuranza ti prendo una mano, osservo lo smalto, sembriamo due fidanzatini di Peynet sulla panchina. Lo sguardo si incollerebbe alla tua scollatura, ma non voglio imbarazzarti. Gli occhi si sfuggono un po’. Non siamo pronti.
“Che luce.. facciamo penombra?” “Sì, dai...ancora un po'...no, troppo... così può bastare.”
2. Dubbi
La luce del pomeriggio filtra morbida tra foschia e tende. Mi risiedo accanto a te. La mia coscia sfiora la tua, ti passo un braccio sulle spalle. Resti immobile, con le mani in grembo, quasi a frenare il bordo della gonna che è salito troppo. Il tempo sembra sospeso come i nostri respiri. Accosto le labbra alla tua guancia, azzardo e scendo al collo, avverto un brivido ma potrebbe essere solletico, ti sfugge un sospiro che sembra un accenno di riso. Ti volti lentamente e i tuoi occhi entrano nei miei: era un brivido, era un sospiro. Ci abbracciamo, sento il tuo petto gonfiarsi contro il mio, poi – altro ...