1. 012 il campo rom


    Data: 09/01/2023, Categorie: Gay / Bisex Autore: CUMCONTROL, Fonte: Annunci69

    Ho fatto lo schiavo per soli tre anni. Ho avuto padroni che mi hanno massacrato e poi venduto. Da master in master. Un mercimonio insomma assai in voga tra gli addetti ai lavori. Ma è molto difficile trovare questa meravigliosa catena di sant’Antonio. Ammettiamolo.
    
    E’ che tutto è diventato artificioso.. Croci, aghi, imbuti per il piscio. Questo capitalismo irrorato di artificio anche il suo stesso prodotto. La pornografia.
    
    Ai miei tempi queste cose non accadevano. O meglio, accadevano ed erano più vere, se mi passate il termine. Certe circostanze, certi accadimenti, certe bramosie, avevano luogo nel silenzio, spesso del fottitore non se ne conosceva neppure il nome.
    
    L’essermi prestato alla compravendita degli schiavi è stata per me l’edulcorato ricalco di un trascorso veritiero, in scenari che oggi ritroviamo artificiosamente ricostruiti nel calco della pornografia. Ma all’epoca lo stabbio era la mia immanente alcova, esalante di matrici bestiali e sensuali. Ed io ero suina.
    
    L’odor di sterco, le mosche, i ricoveri per clochard o i ripari melmosi per cani randagi, e ancora i turgidi genitali da succhiare nelle masse unte di abiti dismessi, tutto questo io l’ho vissuto.
    
    Sia chiaro che nella mia condotta squallida e libertina, io ho sempre cercato l’amore. Una contraddizione in termini si direbbe, non è così?
    
    Ma voi ditemi, non è forse senza bellezza svegliarsi al mattino, sedersi in terrazzo col proprio lui, che dicendoti te lo meriti amore mio, ti piscia ...
    ... dentro nel cappuccino?
    
    Ecco perché, piaccia o no, il mio cupio dissolvi si commette nel ricordo di quando quel giorno richiuso in un furgone, un nano leccava il deretano ad un giovane pony e, con esso, il mio.
    
    Passava di culo in culo menandosi un fallo che aveva in sé qualcosa di mostruoso, come la sua deforme complessione dal volto di un babbuino. Nel chiuso di un furgone cosparso di paglia, canapa, pannocchie e il letame di un equino, si procedeva svelti, lontano… molto lontano.
    
    Ero un ragazzo di buona famiglia a cui la vita aveva toccato in sorte di assecondare le insane voglie di un vizioso genitore. Non fu difficile per me offrirmi a mio padre, e fin che porgevo i favori delle mie carni alla sua libido sfrenata, tutto procedeva bene, con il compiaciuto benestare di mia madre.
    
    Ma cosa vuoi, la sorte apparecchiò per me esiti malaugurati. Di lui, di mio padre, me ne innamorai.
    
    Fu per questo che i miei genitori mi allontanarono. I miei sentimenti per lui minavano il campo armonioso di una famiglia per bene, e così fui trasferito in un collegio svizzero a pochi passi da Ginevra.
    
    Non so quanto tutto fu dovuto al caso, fatto sta che in quel sinistro monastero il sedicente ordine religioso – mai riconosciuto dal Vaticano – che era incaricato di accogliere ed educare i rampolli di buona famiglia, faceva un uso inusitato degli allievi.
    
    Noi tutti eravamo oggetto di un sentito disprezzo da parte di questi empi prelati.
    
    Eravamo vessati, eravamo oltraggiati, ...
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