1. Omaggio a zio Renato - Quinta parte - Messico e Diavoli.


    Data: 31/01/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: reginella24, Fonte: EroticiRacconti

    ... immobile. Io aspettavo. I minuti trascorrevano lenti. Non potevo restare in quella condizione.
    
    Non riuscii a tacere. “Padrone! La prego! Impazzisco dalla voglia! Mi deve inculare! Mi fotta! Forte! Farò tutto quello che vuole!”
    
    “Proprio questo volevo sentirti dire troietta!” E la sua risata satanica echeggiò nella stanza.
    
    Spinse sino in fondo. Sentivo i grossi e pieni coglioni solleticarmi piacevolmente. Iniziò subito molto velocemente. Mi stava fottendo. Io urlavo: “Mi fotta padrone! Non smetta! La prego”. Gli schiaffi sui glutei arrivavano potenti. Una scossa che mi faceva sobbalzare accogliendo sempre più in profondità il divino arnese. Si sollevò, potente, invincibile e maschio. Le sue urla di piacere sovrastavano le mie. Due maiali. Due porci insaziabili. All’urlo “T’inculoooo troia!!!!” venne. Venni contemporaneamente a lui. Il mio padrone. Il mio uomo. Effluvi di sperma, mi facevano venire l’acquolina in bocca. Uscì da me e io, servizievole e innamorata, pasteggiavo con la lunga colata di sborra bollente.
    
    Quella notte dormii profondamente. Ma fu un sonno popolato di strani sogni. Esseri soprannaturali mi cercavano. E io cercavo loro. Urla demoniache risuonavano nella mia testa. Ma forse erano reali e arrivavano da lontano; da un’ala lontana dell’enorme dimora.
    
    Il mattino mi vide in piena forma. Dopo un lunghissimo bagno, mi specchiai incuriosita. Mi vidi più bella, più tonica, più femmina. Più dolce e tenera.
    
    La pelle del mio corpo sembrava più ...
    ... giovane e morbida. Il mio portamento era ora totalmente femmineo. Anche la mia voce aveva un’intonazione più sensuale e ricca di fascino.
    
    Mio Dio! Cosa mi stava succedendo?
    
    Mi rivestii. Cambiai l’intimo. Scelsi il bianco. Calze autoreggenti bianche, scarpe tacco 12 bianche. Mi coprii con un’altra maglietta pulita. Bianca. Mi cosparsi di essenze e mi truccai.
    
    Avevo ancora voglia di uccello. La voglia non mi lasciava praticamente mai.
    
    Ma non potevo lasciare la stanza. E avevo appetito.
    
    Entrò l’Autista. Elegantissimo.
    
    Con quel pusillanime tirapiedi non sarei arrivata a nulla, lo sapevo. Era talmente terrorizzato dal Padrone, che non gli si sarebbe rizzato il cazzo. Però mi ci potevo divertire…
    
    “Il padrone la vuole a pranzo, Reginella. Tra due ore l’aspetta in sala. Tra un’ora e cinquanta minuti la scorterò da lui. Può restare vestita così com’è. Può andare”.
    
    “Allora abbiamo tempo!” Esclamai.
    
    “Si rilassi Autista!. Anzi, sieda qui”. E accarezzai la pelle del divano.
    
    “La smetta! Non mi è permesso! Allora non ha capito nulla!”
    
    Mi coricai sul fianco con fare lascivo. La maglietta si sollevò mettendo in luce il mio culo da sogno.
    
    Percepii la reazione dell’Autista. Dentro di lui stava combattendo una dura lotta. Si tratteneva dal montarmi.
    
    “Pensavo di piacerle almeno un pochino…” piagnucolai.
    
    Abbassò la voce. Bisbigliò: “Si sposti nell’angolo a destra della stanza”. Ubbidii, senza capirne il motivo.
    
    Lui mi seguì con naturalezza. Disse a bassissima ...
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