Ines
Data: 20/02/2022,
Categorie:
Etero
Autore: moebius, Fonte: Annunci69
Circa dieci ulivi e io nel mezzo, steso sopra un'amaca, quasi un taglio di luna tra gli alberi, mentre leggo per la terza volta L'isola di Arturo. Alle carezze del vento si alternano alcune punture di zanzara, mentre un coro fitto di Cicale definisce lo spazio intorno. Dondolo leggero nella lettura fino a quando, oltre le pagine, scorgo di lato Ines, attraversare scalza la piccola aia di fronte alla casa.
Ha un'ampia gonna nera, e due cavigliere che tintinnano ogni volta che muove un passo. Non posso negarlo, mi piace Ines, coi suoi capelli neri di pece, lunghi fino a sfiorarle l'osso sacro. Mi piace quando li lega in una treccia, scoprendo il collo, o quando li tormenta con un dito e li arriccia a tavola, durante una conversazione. Ines siede spesso con un piede a terra e l'altro puntato sulla seduta, così da poter appoggiare un braccio sopra il ginocchio piegato. Fuma Marlboro rosse, con gusto. Le aspira lentamente, così come lentamente soffia fuori il fumo dalla bocca e dal naso, socchiudendo i suoi occhi profondi. Poi la sigaretta le rimane tra le dita, immobile, e come una matita disegna in aria forme che riescono a ipnotizzarmi. "Pietro, ma ti sei incantato?" Mi chiede sempre Ines con un sorriso ironico. Ogni tanto divide con gli altri una cannetta e il processo si fa ancora più articolato, e per me eccitante. Con le sue dita affusolate pesca il tabacco da una busta di cuoio, per poi spargerlo con sapienza lungo la piega di una cartina.
Da un barattolo di vetro ...
... tira fuori un poco d'erba, e la sbriciola accuratamente sopra il tabacco. Con gli occhi bassi rolla la cartina, e con la lingua ne bagna un'estremità così da poter chiudere la sua sigaretta perfetta. Col suo zippo l'accende, aspira intensamente, e io svanisco un attimo dopo, come in un sogno di fumo denso.
"Pietro, ma ti sei incantato?"
Ines sta con Mirco, fratello di Paolo e mio caro amico fin dalle scuole superiori.
I fratelli Canosa. Bellissimi e misteriosi, al liceo erano due celebrità. Li osservavo e studiavo con attenzione, il loro portamento, la loro magrezza elegante. I cappotti scuri e le sciarpe colorate marocchine, i loro capelli nervosi di boccoli, le labbra carnose. Un giorno, mentre aspettavo l'autobus per tornare a casa, dopo la scuola, Paolo frenò col suo vespino bianco a un palmo dalle mie gambe. "Fratello, se vai in quella direzione, ti do uno strappo." Da quel momento niente fu come prima. Scoprii la poesia, la pittura... le ragazze. Conobbi poi Mirco, i suoi genitori, il padre scultore e la madre musicista. A cena da loro ho potuto conoscere poeti, pittori, registi... Casa Canosa pian piano sarebbe diventata la mia nuova famiglia. Un rifugio, un'isola sognata che finalmente si faceva reale.
"Terra!!" gridavo ogni volta che seduto dietro il vespino di Paolo cominciavo a intravedere la grande casa colonica sbucare dopo l'ultima curva.
A loro devo tutta quanta la mia educazione sentimentale e artistica.
Adesso i fratelli Canosa sono gli eredi ...