Tempi travagliati – Capitolo 1 – Perdere (e trovare) lavoro
Data: 09/06/2018,
Categorie:
Erotici Racconti,
Sesso di Gruppo
Cuckold
Dominazione / BDSM
Tradimenti
Autore: Zorrogatto, Fonte: RaccontiMilu
... gattina e dopo cena, appena messa Ale nel suo lettino, mi saltò letteralmente addosso, dimostrando una voglia (e delle variazioni rispetto al nostro solito!) decisamente inaspettata. Da quella sera, la trovai di nuovo disponibile, come prima che cominciasse a lavorare, anche se –forse- con una carica erotica forse maggiore. Poi, parlando, mi fece capire che era stata tesa per il nuovo contesto e che, quindi non aveva voglia di far sesso con me… Poi, però, aveva ragionato che i suoi nervosismi non dovevano mettere in pericolo il suo matrimonio col sul “Cucciolo Ciccio” preferito. Quanto tempo, che non usava più quell’affettuoso soprannome! Mi sentii sciogliere di rassicurante piacere.
Un giorno, avevo appena finito di inviare i curricula per email a tre aziende del circondario, quando mi suonò il cellulare. Risposi. «Giuuulio? Sono Spadafooora!» Lo strascicato accento palermitano mi aveva fatto riconoscere il titolare di una ditta di ponteggi metallici prim’ancora che mi dicesse il suo nome. «Seeenti: uno dei ragazzi si è ammalato e mi serve che tu vada a dare una mano a Ahmed e Goran…» Avevo già lavorato coi due: nessun problema! Ci accordammo per il mio compenso, mi diede l’indirizzo e, tempo un’oretta, stavo scalando i ponteggi di un palazzo in centro. Un sorriso e una pacca sulla spalla coi due e poi, testa a cuocere a smontare il reticolo di morsetti, tubi Dalmine e tavole. Dal piano più alto, stavo passando a Goran le tavole che avevamo smontato attraverso la botola ...
... della scala, ma ad un certo punto il lavoro, che fino ad allora aveva proceduto con la sincronizzazione di un balletto, intoppò: Goran non stava afferrando la tavola da ponte che gli passavo! Temendo che avesse avuto un qualche problema, appoggiai la tavola e mi affacciai attraverso la botola per rendermi conto delle sue condizioni e lo vidi, con uno scarpone appoggiato distrattamente sul fermapiedi, gli avambracci sul parapetto, la bocca semiaperta e lo sguardo perso nel vuoto. «Goran!» Lo chiamai, imperiosamente! Lui sussultò, evidente distratto, ma mi spiegò: «Cazzo che fica, Giulio! Una gran porca! Che troia!» Lo guardai, senza capire: «Ma di chi cazzo parli? Sei rincoglionito?» «Vieni qui e la vedi! Cazzo, che troia, con due maschi!» A quel punto ero incuriosito e scesi al piano di sotto, seguito da Ahmed che aveva seguito il nostro scambio di battute. Goran ci indicò, col braccio teso, la finestra di un palazzo lì vicino che si scorgeva tra gli alberi: come in tutta la zona, anche quel fabbricato era nato come edificio d’uso per un’industria, ormai chiusa da anni ed era già stato trasformato in una serie di costosi loft per rampanti professionisti urbani, come sarebbe diventato quello dove stavamo lavorando noi. Dal punto dove era Goran, si riusciva appunto a vedere l’interno di un loft, grazie alla finestra di grandi dimensioni ed oltre il vetro, un lettone dove due tizi grandi e grossi si stavano occupando di un’assatanata donna che, in confronto a loro, sembrava una ...