Club Tlazo – Capitolo 4
Data: 25/07/2021,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Racconti Erotici,
Etero
Autore: I racconti di William, Fonte: RaccontiMilu
... carrello con delle coperte sopra. Lanciò loro un’occhiata ma sembrò non dare molto peso alla loro vista, chiudendo la porta e andandosene verso una di fattura diversa, probabilmente usata per operazioni di servizio. Fu quella sul fondo del corridoio, dove la luce era minore, ad attrarre l’attenzione di Eleonora: aveva un battente in legno, lavorato perché sembrasse avesse dovuto subire lo scorrere del tempo e apparisse sporca e rovinata. Una morsa la strinse al petto quando comprese che erano dirette lì. Nell’ombra, compariva sopra la porta un cartello, anch’esso dall’aspetto volutamente vecchio e di pietra, con dei caratteri disegnati bizzarramente, con dei teschi grotteschi, piccoli e dall’aspetto curioso. Le ci volle un attimo per comprendere che doveva essere una simulazione dell’arte mesoamericana precolombiana, maya o azteca. Fu soprattutto la parola che compariva e che richiese un istante per essere letta a portarla a quella conclusione: Tempio di Tlazolteotl. Eleonora ignorava chi o cosa fosse un Tlazolteotl ma, da quanto sapeva delle civiltà dell’antico Centro America, c’era poco di cui essere tranquilla. Non riuscì a trattenere un singhiozzo di terrore. Accanto alla porta in legno c’erano altre due guardie che, all’avvicinarsi dei quattro, aprirono i battenti. Eleonora lanciò un grido quando scorse cosa celavano, le gambe che le cedettero e solo l’intervento dell’uomo che la teneva per un braccio le impedì di cadere a terra. Miriam a quel grido si voltò verso ...
... l’amica, poi, comprendendo cosa l’avesse spaventata, guardò anche lei. Il fiato le si mozzò, gli occhi le si sgranarono: oppose resistenza, ma le guardie sembrarono spostare dei pupazzi di stoffa più che delle ragazze. Le gettarono quasi letteralmente nella stanza, che, ora che era completamente visibile, si dimostrava ancora più spaventosa: piante tropicali che crescevano dal pavimento si alternavano a colonne squadrate di pietra bianca su cui volti scolpiti sembravano fissarle dove non c’erano strani geroglifici o qualcosa che doveva ricordare un grosso serpente ricoperto di piume. Al centro della stanza, cinque grandi parallelepipedi grigi con grossi anelli di metallo che sembravano arrugginiti erano messi uno accanto all’altro. – No! No! – urlò Eleonora, impazzita, quando li riconobbe come riproduzioni delle pietre sacrificali su cui venivano immolate le vittime sui templi per propiziare la benevolenza di qualche divinità azteca. – Finiscila… – sibilò la sua guardia, strattonandola. Miriam aveva gli occhi sgranati e respirava rumorosamente con il naso, rattrappendosi come per scomparire alla vista. – Spogliatevi – ordinò quello che sembrava il capo delle guardie. Fissò la rossa, e nel suo sguardo non c’era nemmeno un’ombra di cupidigia ma solo di determinazione. Mosse la testa come per farla muovere, ma dopo due secondi che ancora indossava gli abiti, bloccata come una cerbiatta illuminata dai fari di un’automobile che corresse nella sua direzione, il nuovo gesto del capo fece ...