Puttanella del mio professore
Data: 19/07/2021,
Categorie:
Erotici Racconti,
Sensazioni
Autore: manupicco, Fonte: RaccontiMilu
... clandestina, in quei luoghi nascosti, dove però avrebbero potuto scoprirci in ogni momento, era estremamente eccitante. Mi sentivo sporca e depravata, ero vergine, ma con tutti gli altri buchi in grado di ricevere oggetti e cazzi di dimensioni incredibili. Lui era più in fregola di me, muoveva ila bacino per strusciarmi i testicoli e il cazzo sulle labbra, ansimava per la frenesia, aumentando l’intensità dei colpi al mio sesso. – Succhia porcellina, succhia che poi ti sborro in bocca. – Quanto era porco. Mi piaceva che mi trattasse come una troietta a cui riempire la bocca di sborra. Gli ingoiai il sesso fino a premere il naso contro i riccioli del suo pube, smise di colpirmi e si stese su me nella posizione del sessantanove: mi pose le labbra a ventosa sul clitoride, iniziò a succhiarmi, il mio bottoncino sembrava un piccolo cazzo fra le sue labbra, era duro, infiammato e sporgente, lui ci giocava con labbra e lingua, sentivo la sua saliva el mio ciprigno colarmi fra le natiche inzuppandomi la rosetta anale. Mentre mi mangiava il sesso, prese col pollice, a spingermi ritmicamente il plug nel culo, non riuscì più a contenermi, gli squirtai in bocca l’orgasmo liquido che mi esplose nel ventre. Lui mi venne quasi contemporaneamente: non mi staccai, lasciai che si svuotasse tutto nella mia bocca, lo sperma caldo e cremoso mi invase la gola, ingoiai tutto. Quando uscì dal mio cavo orale, il suo membro era lucido e pulito come un pesciolino rosso che salti fuori dalla sua boccia ...
... d’acqua. – Quindi è per queste cose sconce che, a un certo punto, non hai più voluto che la vostra relazione continuasse? – chiese il professore. – No professore, queste cose non erano sgradevoli, anzi mi piaceva farle. E’ quello successo tempo dopo che mi ha fatto comprendere quanto la cosa stesse prendendo un deriva poco edificante. – – Santo cielo! Che altro doveva accaderti ancora, ragazza mia? – La biondina stava sulla graticola: sbottono i primi tre bottoni della camicetta e rimbocco i polsini delle maniche, aveva caldo in maniera evidente, ciocche di capelli intrisi di sudore incollate alla fronte. – Devo raccontare? – chiese titubante. – Devi! – asserì categorico Rinoldi.Durante uno di quei pomeriggi, raggiungemmo una delle solite zone della precollina, inoltrandoci per una stradina sterrata, immersa tra alberi con una lussureggiante vegetazione ai lati. Ci fermammo in un piccolo spiazzo protetto da cespugli alti e fitti, era un posto tranquillo, ci si potevano fare le nostre cose in tutta calma al riparo da presenze importune, ci eravamo già stati altre volte. Si era a fine maggio, la stagione era calda, l’erba già alta e l’inflorescenza selvatica di ranuncoli, anemoni e calendule colorava il terreno e profumava l’aria. La radio era sintonizzata su una stazione che trasmetteva musica classica, Goffredo disse che si trattava di Chopin, per l’esattezza il Nocturne Opera 9 N°2, un brano delicato e romantico che predisponeva il corpo alla serenità e la mente a pensieri ...