1. Sottomesso alla mia capo 5: il festino finale


    Data: 01/05/2018, Categorie: Dominazione / BDSM Autore: None, Fonte: EroticiRacconti

    Dopo il sabato mattina delle frustate (v. episodio 4), i giorni seguenti erano trascorsi in maniera decisamente più tranquilla. La mia padrona, ben capendo quanto a fondo avesse usato del mio corpo, non mi coinvolse in nuove sessioni di dominazione. Anzi, mi fornì una crema per facilitare la guarigione della mia cappella dai postumi dei colpi ricevuti, che mi fecero soffrire per diversi giorni, e mi diede due giornate di permesso dal lavoro per lasciare definitivamente la mia vecchia casa, ormai irreparabilmente sotto sfratto.
    
    Sistemai il tutto, lasciando le mie cose temporaneamente nel magazzino di un amico, salvo l’essenziale, che trasportai nel seminterrato della villa della padrona, ormai divenuto la mia nuova casa, o meglio, il luogo della mia reclusione. Solo il giovedì, come sempre a sorpresa, Barbara m’impose di ripulirla con la lingua dopo che aveva urinato (il bidet, come lo chiamava lei), ma non pretese altro.
    
    Questa relativa tranquillità mi consentì di veder rimarginati i segni fisici della punizione ricevuta, ma avrebbe dovuto anche insospettirmi: dovevo, infatti, immaginare che tanta benignità, da parte della mia padrona, datrice di lavoro e carceriera, fosse funzionale a rendermi pronto a soddisfare nuove, più estreme pretese.
    
    E infatti la tranquillità fu di breve durata. Il sabato successivo, Barbara pretese che pulissi tutta la casa, da cima a fondo, come uno specchio, divertendosi a sorvegliare ogni mio movimento, naturalmente senza muovere ...
    ... neppure un dito per aiutarmi.
    
    Il giorno seguente, mi disse che, di lì a poco, sarebbero venute due sue amiche, con le quali avrei dovuto fare gli “onori di casa”, obbedendo ai loro ordini come se provenissero da lei stessa. Solo, non mi era permesso di chiamarle «padrona», ma piuttosto avrei dovuto chiamare una «signora» e l’altra «dottoressa». Mi ordinò, quindi, di fare una doccia e di mettere un grembiule bianco, di cotone, di quelli che si annodano in vita, quale unico capo di abbigliamento per la serata.
    
    Gli ordini appena ricevuti mi agitarono profondamente. L’idea di dover comparire, praticamente nudo davanti a due perfette sconosciute e, in più, di dovermi sottomettere a loro, servendole in tutto e per tutto, rappresentava per me una prospettiva tremendamente imbarazzante; ma era sempre meno assurda della possibilità di disobbedire alla mia padrona: quello che mi era toccato l’ultima volta, non per avere disobbedito, ma solo per essere stato poco abile nell’eseguire un suo comando, mi impediva anche solo d’immaginare la possibilità di un rifiuto. Per questo mi preparai per la serata nel modo richiesto.
    
    Poco dopo, sentii il rumore di un’auto che arrivava e parcheggiava nel cortile. Quindi la porta che si apriva, saluti e rumori di passi sul pavimento. Non c’era dubbio: erano arrivate. Trascorsi ancora qualche minuto di angosciosa attesa nel seminterrato, poi il mio cellulare squillò. Era Barbara e mi disse solo: «Vieni su nella sala.». Eseguii immediatamente, ...
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