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Data: 18/12/2020,
Categorie:
Dominazione / BDSM
Autore: Xilia, Fonte: EroticiRacconti
... normalità.
“Quattrocentonovantanove, cinquecento...”
Il tuo corpo volontariamente sofferente e succube è qualcosa che trascende la bellezza. M’incammino verso di te.
“Cinquecentouno, cinquecentodue…”
“Cinquecentoquarantasette, cinquecentoquarantotto...”
Non mi hai mai disubbidito. Mai. Nemmeno quando ho esagerato. Nemmeno quando ti ho chiesto di tatuarti Sono la cagna di MS su un gluteo. Ogni volta che riguardo quel marchio, da vacca di mia proprietà, e ripenso a quante volte hai risposto al tatuatore perplesso “Sì, sono sicura”, la tua voglia di essere sottomessa, torturata, umiliata... mi commuove. Vorrei prenderti il dolce viso tra le mani e riempirlo di baci, ringraziarti per ciò che sei e cercare d’esprimerti quanto mi renda felice che tu esista, che tu abbia scelto me, ma so che non gradiresti. E così le carezze che vorrei farti diventano schiaffi, le parole d’amore ordini duri e impietosi. I baci sputi. E i sorrisi lacrime.
“Cinquecentonovantanove, Seicento...”
Sono ormai alle tue spalle, ma ancora non lo sai.
“Seicentosessantacinque, seicentosessantasei...”
Quando appoggio la mano sulla tua spalla sobbalzi.
“Sei... seicentosessanta... sette... seicento...”
Mi infilo nel colletto e scendo fino al seno.
“...Sessantotto, seicento... sessanta...”
Lo palpo.
“...Nove... Sei... Seicento...”
Guardi in basso cercando di capire se la mano sia davvero la mia.
“...Settanta...”
Prendo il capezzolo tra pollice e ...
... indice.
“...Sei... cento...”
Lo stringo, lo torco.
“Settantuno! Seicento...”
Stai quasi gridando.
Lo tiro. Gli conficco l’unghia del pollice.
“…Settanta...”
La sofferenza traspare cristallina dalla tua voce.
“…Due... Seicento... settanta... tré.”
Continuando a torturarti il capezzolo tiro fuori di tasca ciò che ho raccolto da terra prima mentre ti osservavo e te li porto davanti al viso per mostrarteli.
“Seicentosettantotto, seicentosettantanove...”
Sento una vibrazione di panico.
“Sei... centottanta...”
I tre ricci di ippocastano, ancora chiusi, sono eccezionalmente grandi.
“Seicentottantuno, seicentottantadue...”
Abbasso il braccio.
“Seicentottantatré, seicentottantaquattro, seicentottantac...”
Senti i corti aculei di riccio contro la delicata pelle tra le tue gambe.
“...Cinque... Seicentottanta... sei...”
Li senti farsi largo e affondare dolorosamente nella tua carne.
“Seicento... Seicentottasette... Seicentottantotto...”
Ti scappa un gemito straziante, poi riprendi difficoltosamente il conteggio.
“Seicentonovantatré, seicentonovantaquattro...”
Ti spingo dentro anche il secondo riccio, che entrando si apre aumentando ulteriormente di volume mentre le castagne fuoriescono nella tua vagina.
“Settecentouno, settecentodue...”
Singhiozzi piangendo.
“Settecentodieci, settecentoundici...”
Provo ad infilarti dentro anche il terzo, invano.
“Settecentoventiquattro, settecentoventicinque...”
Allora lo affondo oltre ...